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Curarsi in Europa: fantasia o realtà?

di Alberto Ravaioli

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Il Governo ha approvato recentemente il disegno di legge per recepire la Direttiva Europea sulla libera circolazione dei pazienti all'interno della Comunità Economica Europea.

Il provvedimento è stato presentato come un grande atto di liberalizzazione in un settore così delicato come quello della salute.

 

 

Mi sono ingegnato per cercare di capire i contenuti e voglio fare alcune riflessioni.

 

La prima informazione che mi è capitata di osservare e che se il paziente in uno Stato estero della Comunità Europea può andare, ma deve pagare di tasca propria, poi verrà rimborsato.

 

Le normative per i rimborsi sono in itinere in quanto vi saranno direttive del Ministero e delle Regioni.

 

 

E qui casca l'asino.

 

 

Ma per quali patologie (malattie) ci si potrà recare all'Estero (sempre Europa)?

 

Quelle per cui non esistono cure in Italia o per tutte?

 

E occorrerà il permesso del Ministero, delle Regioni e delle AUSL ?

 

Presumo di si ma vedremo.

 

Allora mi metto nei panni di un paziente con una patologia impegnativa (oncologica, trapianto e altre, anche se il decreto esclude trapianti e malattie croniche), come potrà pagare di tasca propria anticipatamente somme così rilevanti, avere tanto tempo per i permessi, e di quanto sarà rimborsato e quando?

 

 

Mi vengono in mente i debiti dello Stato Italiano verso le Aziende private.

 

Certo debbo dire meglio di niente, poter andare all'estero per curarsi: una possibilità in più e teniamocela pure.

 

Per la salute si fanno a volte sacrifici enormi.

 

Ma diciamo la verità: questo provvedimento europeo (e di seguito italiano) senza una armonizzazione dei Servizi Sanitari dell'Europa che crei regole e costi comuni, è un provvedimento fatto per le classi più agiate, nemmeno per il ceto medio che siamo abituati a conoscere e certamente non per le classi popolari.

 

 

E l'affermazione del Ministro Lorenzin che dice della possibilità delle nostre Strutture Italiane di attrarre pazienti dall'estero quando di qualità, parliamo però sempre di ricchi, dovrà essere suffragata da una organizzazione che lo permetta.

 

Non mi pare la situazione attuale, con i tanti impedimenti che ci sono.

 

Non facciamo brillare specchietti che non ci sono.

Editorialista
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