Sono finalmente a casa e sono abbastanza tranquilla per rispondere a qualche domanda che mi è stata posta. Ho aspettato un po' di tempo, non volevo scrivere da "troppo arrabbiata". Vorrei essere capace di esprimermi in maniera educata anche se - ne sono sempre fermamente convinta - certi personaggi non meritano assolutamente di essere trattati con educazione visti i loro atteggiamenti arroganti.
Riflessioni di una paziente oncologica: "le chemio vanno fatte!"
Come mi sento nel vedere consigliare certi "rimedi" a persone malate di cancro? Anch'io sono una paziente oncologica e anch'io, nel lungo periodo in cui le chemio devastavano il mio povero corpo già provato da un intervento importante, mille e mille volte ho pensato che non sarei più andata avanti con queste terapie. È normale che un paziente pensi di mollare. Perché si sta male. Perché nessuno ti informa mai abbastanza, prima. Perché la fatica di sopportare non si rafforza con il passar del tempo, anzi! Quella fatica diventa un macigno che, alle volte, sembra schiacciarti. E allora ascolti, leggi, cerchi...
Ma ascolti, leggi, cerchi chi?
Spesso proprio quei cialtroni che si affacciano in televisione, sui giornali, nelle parole di altri che stanno percorrendo la tua stessa strada e sono, di sicuro, più disperati di te.
Perché nessuno vuole morire.
Ma da questo a mollare, a credere che basti un niente, come prendere a parolacce le cellule malate o, peggio, a bere solo tisane e gridare al mondo tutto l'amore che abbiamo dentro, per avvolgerci in una nuvola quasi magica... beh, ce ne passa di acqua sotto i ponti!
Sono molto arrabbiata nei confronti di questi "santoni"! Sono indignata, sono - direi - furente.
Io ho avuto la fortuna di avere accanto una famiglia che mi ha sempre sorretta ed aiutata, dei medici e degli infermieri che sono diventati e sono anche oggi parte della mia vita in maniera direi totale.
Con loro ho potuto piangere e chiedere. A loro mi sono affidata. Io, però, avevo gli "strumenti mentali" per riuscire a fare ciò.
Sapevo che quella era la strada da percorrere pur essendo una strada difficile e dolorosa.
Anch'io bevevo tisane depurative e camomille. Questo per "aiutare" il mio fegato a disintossicarsi e i miei reni a funzionare al meglio. E anche perché bere l'acqua diventava un'impresa sempre più difficile.
Ma continuavo con le chemio!!
E dodici cicli non sono una passeggiata, lo posso assicurare.
Anche l'oncologo che mi seguiva me lo consigliava. Perché, credo, mettere psicologicamente il paziente a proprio agio in un momento del genere, significa fargli accettare tutto il peggio possibilmente pensabile.
La chemio sono terribili, ma vanno fatte
Le chemio sono terribili, cattive, non ti rispettano, ti annullano, ma vanno fatte!
Le chemio ti danno mille effetti collaterali, ma vanno fatte!
Le chemio devono essere spiegate, questo sì.
Per non dare spazio a quei cialtroni (e sono gentile) che giocano con la vita delle persone solo a scopo di pubblicità e di lucro.
È certo che le persone più deboli possono credere a questi malandrini. È certo che possono essere influenzate nelle loro scelte e nelle loro decisioni.
Quando ricevi una diagnosi di cancro è come se qualcuno ti dicesse che la tua ora è arrivata. La morte ti è talmente vicina che non vedi più la vita.
Il tuo cervello diventa preda della paura e la tua razionalità diventa inesistente. A questo punto sei in balìa di qualsiasi evento.
Puoi, rassegnato o disperato, accettare la medicina tradizionale e non porti alcuna domanda, oppure scegliere di non curarti e percorrere un'altra strada fatta di teorie non proprio assurde.
Mi spiego.
Quando sentiamo dire che ci si ammala più facilmente in un momento di grande tristezza, durante il quale le nostre difese si sono abbassate, tutti noi ci crediamo. Diamo una giustificazione al nostro star male.
Perché non deve essere così anche per il cancro?
Se poi un qualsiasi "Hamer" mi spiega le sue cinque leggi biologiche, io ci credo ancor di più. Se una qualsiasi "Brigliadori" mi spiega che devo trovare dentro me la reale volontà di guarire, che abbracciandoci tutti emaniamo talmente tanto amore da porci al riparo da ogni malattia, che bevendo intrugli di erbe e fiori anche il mio corpo si ridesterà ad una nuova primavera scacciando il demone cancro... io, malata disperata, mi aggrappo a questo e voglio crederci con tutte le mie forze, perché voglio vivere!
Ecco che la mia rabbia ritorna. Mi viene in mente una signora che conobbi durante i primi cicli di chemio. Un giorno mi raccontò che suo marito era partito per Cuba per reperire il veleno dello scorpione nero (o blu, non ricordo). Aveva intenzione di procedere solo con quella "cura". Mi chiese se volessi fare come lei. Non so se per vigliaccheria (io voglio vivere!) o perché convinta in altra maniera, ma rifiutai. Cercai di dirle di provare, sì, anche questo (avevo letto su un quotidiano un articolo inerente a questa nuova "speranza"), ma di non lasciare le chemio.
Lei non c'è più.
Forse doveva andare così, forse no. È indubbio che la disperazione ti fa fare qualsiasi cosa.
L'informazione. Credo che sia l'informazione ad essere un fattore fondamentale, sia intesa come prevenzione, sia come vicinanza al paziente.
Prevenire è meglio che curare, si dice sempre. Ma parlare di prevenzione è sempre difficile. C'è resistenza, ci sono problemi economici, c'è poca attenzione.
Allora bisognerebbe parlare di educazione alla salute. Di questo ne sono convinta. E incominciare dalla scuola. Fare incontri non fini a sé stessi, ma coinvolgere i ragazzi. Far capire che, come la vita, anche la morte fa parte del nostro percorso su questa terra e che se la morte la allontaniamo un pochino e se la vita la vivessimo un po' meglio, non sarebbe poi tanto male.
Quindi educazione. Impegniamoci tutti ad educare
L'informazione, invece, dovrebbe esserci in tutti quei reparti nei quali il paziente diventa cronico o vive momenti di grande stress psicologico. E questa non sempre (per non dire quasi mai) c'è.
Il paziente viene lasciato nelle sue angosce.
Per il sanitario, per tutti gli operatori sanitari ci sono cose che vanno fatte e basta. Per me che le subisco sono traumi che "scopro" avanzando nella malattia.
A me nessuno ha mai spiegato cosa fosse un port. Non lo volevo. Nessuno mi ha detto che era una cosa a mio vantaggio. Non l'ho mai accettato completamente (anche perché il fatto di doverlo tenere per tanto tempo anche "dopo" un po' mi disturbava).
L'avevo talmente manifestato questo mio disagio che quando dissi che mi stava dando noia (erano passati due anni dalla fine dei cicli), che "sentivo" che qualcosa non andava, nessuno mi credeva. Era solo un mio atteggiamento psicosomatico.
Alla fine mi ha fatto infezione.
Informare, spiegare che certe terapie saranno pesanti, che il nostro corpo si modificherà, che tanti ostacoli si presenteranno, ma spiegare.
Perché il cancro si può vincere. Perché non è più solo una malattia mortale. Bisogna dirlo, spiegarlo.
Non sentire solo parlare di "aspettativa di vita". Perché io, malata oncologica, mi spavento e, facendo ciò, do vantaggio a "lui", che vive anche delle mie paure e a questi "santoni", che mi promettono la guarigione facile.
Cosa dire a questi "santoni"?
Vergogna. Vergognatevi. Fate leva su tutto quello che ho appena descritto. Non tenete assolutamente conto di quello che invece andate predicando. Se tanto tenete alle persone, se dispensate a piene mani amore e soluzioni, abbiate il coraggio di dire: bisogna curarsi, fate le chemio!
Oggi è ancora l'unica strada da percorrere.
Poi facciamo anche tutti i riti che volete voi.
Penso anche che se è vero che c'è libertà di parola e ognuno può dire e proporre ciò che vuole, allora mi chiedo cosa aspettino le Istituzioni a dare anche la loro versione. Quando vedo le denunce fatte a questo o a quel "santone" (che di solito scappa davanti alle telecamere), che si è arricchito e ha preso in giro poveri cristi disperati, il mio sangue ribolle.
So cosa voglia dire essere disperata, so cosa sia la paura della morte, so cosa sia il dolore fisico e psichico, ma so anche che, al di là di ogni discorso in cui vengono tirate in ballo le case farmaceutiche, le chemio, ora come ora, sono l'unica strada certa che noi pazienti oncologici dobbiamo percorrere.
Alla faccia dei digiuni energetici, degli abbracci terapeutici, della nostra volontà di guarigione. Auguriamoci, invece, che presto il cancro sia davvero quell'infiammazione curabile con meno angoscia e paura.
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