Alla deriva è andata la nostra umanità
Migranti nel mediterraneo
Rocella Ionica è poco distante da Cutro . Ancora una volta davanti alla Calabria, a cento venti miglia dalla costa lungo le rotte letali dei disperati, si è consumato un naufragio notturno, tra domenica e lunedì scorso.
Una barca a vela, salpata otto giorni prima dalla Turchia, ha preso fuoco dopo un'esplosione a bordo ed è affondata. Il motore si era rotto e per quattro giorni hanno imbarcato acqua. Erano senza salvagente.
I dispersi sono 66, tra cui 26 bambini, anche neonati. Erano siriani, iraniani, afgani. I sopravvissuti, undici, sono stati portati in tre ospedali, tra cui quello di Locri. La superstite più piccola ha appena 12 anni. La loro provenienza d'origine e la composizione del gruppo ci racconta che erano famiglie in fuga dalla guerra, dalla tirannia, dalla miseria.
Le testimonianze degli scampati raccontano che molte imbarcazioni non si sono nemmeno fermate. In soccorso è giunto un mercantile e un'unità della Guardia Costiera li ha trasportati al porto. Sono traumatizzati, fisicamente e psicologicamente.
La Croce Rossa riferisce che presentano fratture ed ustioni e soffrono di un dolore immane per la perdita dei familiari. Figli, mogli, fratelli, amici, padri, madri. Qualsiasi grado di parentela. La Guardia costiera sta recuperando i primi corpi in mare. La Procura della Repubblica di Locri indaga.
Mi chiedo cosa ci sia da capire . Qualche ora prima, sulla rotta del Mediterraneo centrale, un'imbarcazione di legno proveniente dalla Libia era quasi sprofondata. L'equipaggio della nave Nadir della Ong tedesca Resqship è riuscito a salvarne 51 e ne ha rianimati due, rompendo a colpi d'ascia lo scafo. Per dieci giovani uomini non si è potuto fare più nulla. Erano siriani, egiziani, pakistani, bangladesi.
Non sono le rotte ad essere maledette, non sono quei gusci di legno che cedono ai marosi. Non sono i migranti quelli colpevoli di andare all'avventura per il mare grande, vagabondando alla deriva come moderni Ulisse che vanno cercando approdi ospitali e si imbattano invece in mostri. Maledetti e colpevoli sono i silenzi, le politiche, le genti indifferenti, i governi. Alla deriva è andata la nostra umanità. Siamo noi che naufraghiamo, ad ogni naufragio, perché fallisce in maniera catastrofica quell'idea di allontanare lo straniero, il diverso, il miserabile. Fallisce la capacità e la volontà degli uomini e delle donne del Parlamento, che ad ogni legislatura scegliamo di rappresentarci, di trovare soluzioni ad un problema che è sì grande come il mondo ma che certamente non si risolve lasciando che la natura faccia il suo corso, annegando accidentalmente il carico problematico in un mare d'acqua
Del resto, i politici hanno altri problemi a cui pensare. C'è da approvare il premierato e l'autonomia differenziata, spartirsi le cariche della governance europea, disfare le istituzioni repubblicane, farsi votare sempre più a destra anche quella più estrema, ballare la pizzica e farsi selfie poco istituzionali durante un G7 che è sembrato un villaggio turistico di gran lusso, ridere divertirsi e mangiare mentre si discute di guerre e di poltrone.
Le persone sono stanche delle brutte notizie e della brutta politica
Sono intossicate dalle tragedie che si ripetono e sono schifate dai rappresentanti politici che hanno votato, quando si rendono conto di essersi fatti ingannare ancora una volta dalle faccette e dalle promesse elettorali. Altre invece sono ancora convinte del sentimento che sentono dentro alla pancia ed è da quel ventre scontento ed estremo, molto spesso impaurito, che i politici traggono ancora nutrimento, sentendosi, insuperbiti, più forti.
Giornalisti e politici non li sopporta più nessuno. I primi perché raccontano troppa realtà per diritto di cronaca, che non si può eticamente tacere, e fa male. I secondi perché raccontano troppa falsità per governare, che altrimenti non starebbero al potere e doppiamente male perché ci si sente presi in giro.
Entrambe le figure dovrebbero però saper trovare e raccontare le soluzioni ai problemi, di qualsiasi natura siano. Se i giornalisti riuscissero a fare il più possibile solutions journalism su qualsiasi tema, le persone tornerebbero ad affezionarsi all'informazione, leggerebbero giornali e non spegnerebbero più il tg all'ora di cena per non rigettare la bile e per non rattristarsi.
Se i politici tornassero ad essere uomini di un certo profilo e di un certo spessore, intelligenti e competenti, se tornassero davvero ad avere a cuore i cittadini a discapito del loro prestigio personale e della loro smisurata vanità, se tornassero ad essere capaci di risolvere dapprima i problemi piccoli dei cittadini, forse riuscirebbero almeno ad arginare quelli più grandi prima che ne veniamo tutti travolti.
Si tornerebbe allora ad affezionarsi alla politica, non la si potrebbe più rinnegare disertando le urne, tornerebbe la consapevolezza che non possiamo farne a meno, per quanto non ci piaccia del tutto o ci abbia fortemente deluso, perché essa guida democraticamente ogni aspetto del vivere. Credere ancora che sia realizzabile una conversione della politica, rivolta per di più ad un costruttivo e positivo problem solving, è forse utopia.
Credo che un giornalista possa trovare ancora una bella storia vera da narrare per emozionare e, se si impegna, possa realizzare un modo diverso di raccontare le storie brutte, scrivendo articoli che propongano soluzioni ad un problema, dal più piccolo al più grande, anziché illustrando solo il problema.
Gli basta fare ricerca approfondita ed accurata delle fonti. Gli basta cercare persone che le soluzioni le hanno trovate davvero, nel loro piccolo e nelle loro attività professionali, e le vogliono raccontare come testimonianza a beneficio della comunità. Certamente occorre iniziare la ricerca di queste persone nel quartiere e nella propria città prima di avventurarsi altrove.
La Rete può indubbiamente aiutare ad allargare l'orizzonte per scovare risolutori di problemi. Su Solutions Journalism si può trovare una lunga lista di problemi che hanno già la soluzione. E ci si può aggiungere la propria.
I politici di ogni schieramento, che siano al governo o all'opposizione e che per risolvere problemi vengono pagati lautamente, dovrebbero dare dimostrazione di saper risolvere i problemi piccoli nazionali – il diritto alla salute, al lavoro, alla casa, all'istruzione - prima di affrontare quelli grandi internazionali, come le migrazioni di popoli, i cambiamenti climatici, i disastri ambientali, i conflitti regionali e le terze guerre mondiali. Invece purtroppo non riescono ad elaborare logiche strategie né a trovare risorse adeguate, che incredibilmente non ci sono mai, per aumentare i salari ad ogni categoria così che vadano almeno al passo con i tempi e l'inflazione, per tutelare la sicurezza dei lavoratori che ne va della loro vita, per dare alloggi che è questione di dignità, per curare ed istruire tutti che è questione di civiltà.
No, proprio non ce la fanno. Anziché partire dal basso, da quello che il popolo chiede, molto di prossimità - come le Case e gli Ospedali che si intende costruire senza avere il personale per renderle operative - volano alto. Si preoccupano di cambiare le istituzioni e la Costituzione e si azzuffano nell'emiciclo parlamentare. Propongono, qualora ce la facciano, soluzioni improponibili, miopi e semplicistiche, che vanno ad incasinare il problema anziché sgrovigliarlo.
Intanto i migranti annegano, basta non guardarli. I lavoratori non arrivano a fine mese e protestano, basta non ascoltarli.
Palestinesi, russi, ucraini, israeliani e tanti altri di cui non sappiamo niente muoiono a frotte, basta che le bombe non cadano qui e che non si vada a combattere.
Siccome i problemi sono più grandi di loro, forse semplicemente sperano che i problemi non arrivino o forse rimandano indietro persino il pensiero che possano capitare. Visto il silenzio e l'inerzia, evidentemente auspicano che le guerre finiscano a forza di dire “Pace” e “No escalation”, che le persone smettano di lamentarsi a forza di ignorarle, avvilirle e manganellarle e che il mare, ovviamente, copra tutto.
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