L’Italia, nei fatti, è un paese senza infermieri e non tanto per la cronica carenza degli organici, ma per una soggettività, un protagonismo, una maturità che non vengono messe in campo. Le stesse usate per garantire ogni giorno cure ed assistenza alla collettività, non vengono mobilizzate per rivendicare una società migliore.
Numeri che dicono molto sullo stato di salute del paese
Sembra che nella prossima finanziaria ci saranno 350 milioni in meno per la disabilità. Non è una bella notizia. Resa ancora più brutta dal fatto che, secondo un recente sondaggio dell’Istituto Piepoli, commissionato dalla FNOMCEO, non pochi sono i problemi degli italiani in relazione al Servizio sanitario nazionale (e ai tanti regionali).
Tre milioni di loro rinunciano alle cure perché, economicamente, non se le possono permettere, mentre un ulteriore 4% è costretto a indebitarsi, a fronte di un 65% che riesce a pagare le spese necessarie erodendo i propri risparmi, mentre il 13% utilizza un’assicurazione contro l’11% che non usufruisce di alcuna prestazione sanitaria a pagamento.
Non stupisce che, secondo il sondaggio, per il 90% degli italiani la finanziaria dovrà, in primo, luogo affrontare i problemi del sistema salute che il 45% di essi legge come peggiorato nel tempo. Non stupisce – ancora! - che per il 76% la Sanità deve essere pubblica (in modo esclusivo per il 36% e in misura prevalente per il 40%) ed inoltre per l’80% è necessario fare degli interventi per migliorare l’assistenza: incrementando il personale (42%) o migliorando l’organizzazione (38%).
In generale molti si rendono conto dei tanti problemi che condizionano il nostro sistema e considerano che ciò risponde più questioni legate al bilancio (69%) che a quelle di salute(20%). Infine, il 63% sente il bisogno di dover cercare fuori dal suo territorio – migrazione sanitaria - risposte ai suoi problemi di salute.
Numeri, e tanti, che inducono a variegate riflessioni. In primo luogo mostrano il vero volto di un’inganno trentennale che voleva tagli e risparmi, riorganizzazione (destrutturazione) e razionalizzazione (cessione al mercato) dell’offerta sanitaria pubblica per poter contenere la spesa, ma che nella realtà ha fatto aumentare gli introiti degli sciacalli che lucrano sulla salute umana, moltiplicato a dismisura clientele e incarichi dirigenziali da distribuire a fedeli funzionari (ed elettori) che, nei fatti, ci hanno riconsegnato un Servizio sanitario nazionale in pessime condizioni di salute.
Verrebbe da dire: Ma i vari venditori di fumo in poltrona che hanno ammazzato la sanità italiana, pagheranno mai un prezzo per le loro malefatte? Fino ad oggi sembra in realtà che sia stato invece pagato loro un prezzo, profumato, e fatto con i soldi dei contribuenti, i diritti della collettività e soprattutto la salute di tutti.
Ecco, i numeri hanno questo magico potere di innescare ragionamenti logici e conclusioni retoriche e di far guardare un po’ oltre i dati. È sotto lo sguardo di tutti quindi come ancora una volta, da parte del governo italiano e delle regioni, poco o niente si farà per migliorare la situazione. Chiacchiere tante. Sì! Fatti, pochi e difficilmente per migliorare le cose.
Interessante però, in tutto questo, c’è proprio la fonte dei numeri di cui si è detto: un sondaggio commissionato da un ordine professionale. Accade nell’Italia della politica urlata e poltronara dei talk show, dove i sondaggi sembrano trasformare le intenzioni di voto in espressione reale delle scelte degli italiani di una partecipazione democratica. I recenti risultati elettorali, locali, minimali, quasi circoscritti al loro piccolo mondo, mostrano in verità come la partecipazione e la rappresentanza politica siano sempre più lontane dall’essere espressione di democrazia e strumento di delega collettiva. A Monza, tanto per dirne una, chi andrà a sostituire il seggio del Cavaliere di Arcore, sembra sia stato eletto con una consultazione elettorale partecipata da appena il 19,24% degli aventi diritto.
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