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Salviamo la Sanità pubblica. Manifestazioni in tutta Italia

di Redazione

Manifestazioni, assemblee, sit-in promossi dall’Intersindacale della Dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, insieme con Associazioni di pazienti e di cittadini, si sono svolte oggi, giovedì 15 giugno, in tutte le regioni d’Italia, in difesa del diritto alla salute e del servizio sanitario nazionale pubblico e universale.

Sindacati: arrestare deriva verso la privatizzazione

Pericolosa deriva verso la privatizzazione. Le manifestazioni in difesa del Ssn in 39 città d'Italia

Arrestare la deriva verso la privatizzazione dei servizi sanitari e la frantumazione di un diritto che la Costituzione vuole assicurare anche attraverso la valorizzazione dei professionisti, veri garanti della salute delle persone, che tale deriva mette sempre più a rischio.

La richiesta arriva dall'Intersindacale della dirigenza medica, che oggi a Roma, nel corso della conferenza stampa Salviamo la sanità pubblica, ha denunciato lo stato della sanità pubblica nel nostro Paese e sollecitato interventi per scongiurare il collasso del sistema.

Ma oggi sono decine le manifestazioni, assemblee e sit-in promossi dall'Intersindacale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, insieme con associazioni di pazienti e di cittadini, che si stanno svolgendo in contemporanea in tutte le regioni d'Italia, in difesa del diritto alla salute e del servizio sanitario nazionale pubblico e universale. Una catena territoriale - l'hanno definita - intorno ad un obiettivo comune.

Il Def 2024 rappresenta la cartina di tornasole delle politiche sanitarie del governo in carica - ha fatto sapere l'Intersindacale - e l'occasione per capire quale modello assistenziale vuole adottare e quali politiche di tutela dei professionisti di cui pure, a parole, riconosce l'importanza per il rilancio della sanità pubblica. Il presente e il futuro della più grande infrastruttura civile del Paese, presidio di coesione sociale e unità nazionale, dipende da quante risorse si vorranno destinare alla sanità e da quale ruolo si vorrà riconoscere alle risorse umane che da troppi anni subiscono le conseguenze di pessime condizioni di lavoro.

I tempi di attesa definiti infiniti per ogni prestazione nel pubblico, la congestione del pronto soccorso dove confluiscono l'iperafflusso di accessi spesso inappropriati e la carenza dei posti letto degli ospedali insieme alla carenza di personale determinata anche dalla grande fuga in atto dal lavoro pubblico sottopagato, il definanziamento dei programmi di promozione della salute e della prevenzione, l'inadeguatezza dei LEA e l'invecchiamento della popolazione esigono risorse economiche adeguate, ma soprattutto riforme di modelli assistenziali, ormai obsoleti, che nella pandemia hanno mostrato tutte le loro lacune e debolezze.

La questione di fondo è rintracciabile nella mancanza storica di politiche sanitarie strutturali e omogenee sul territorio nazionale, non frammentate in 21 rivoli regionali, che da tempo scaricano sui professionisti le responsabilità dei disservizi, vittime di una governance datata che condiziona ruoli, processi e relazioni in una cornice burocratica asfissiante. Gli eroi sono stati abbandonati nelle retrovie dai generali di un esercito disorganizzato con contratti di lavoro condannati ad essere sottoscritti a tempo scaduto, che non migliorano le condizioni di lavoro e che non tengono il passo con le retribuzioni europee.

Oggi portiamo nelle strade insieme ai cittadini e alle loro rappresentanze questioni politiche in attesa di risposte politiche, con passione, fermezza, lucidità e consapevolezza. La salute non è una merce e salvare il Servizio sanitario nazionale è ancora possibile.

Bologna: centinaia tra medici, infermieri, oss e pazienti in piazza

Medici, infermieri, veterinari, oss, primari, amministrativi e pazienti. Erano tutti rappresentanti oggi in piazza del Nettuno a Bologna per manifestare a difesa della sanità pubblica. Terminato il presidio, sindacati e associazioni sono saliti in Cappella Farnese a Palazzo D'Accursio per spiegare le ragioni della protesta. Non è una manifestazione contro il Governo attuale o quelli precedenti che hanno tagliato sulla sanità - precisa Massimo Dall'Olio della Cisl medici - questo è il tentativo di curare un sistema sanitario malato, che invece di avere risorse è stato messo a dieta da oltre 10 anni.

Florence Nightingale

Uno a uno, gli interventi snocciolano i vari problemi. I più sentiti: il sottofinanziamento del sistema sanitario nazionale e la carenza di personale.

I servizi vanno avanti grazie all'abnegazione e alla passione di chi cura - avverte Luigi Bagnoli, presidente dell'Ordine dei medici di Bologna - ma questo non basta. Così non è un sistema degno di un Paese civile.

Continuando con il sottofinanziamento, avverte Bagnoli, il sistema implode. Non avremo neanche i mezzi per fare buona sanità. E avremo due sistemi sanitari: uno per i poveri, la maggior parte, e uno per i ricchi. Come in America. Sappiamo quanto costa un sistema di questo tipo e ne conosciamo i gravi problemi etici. Il diritto alle cure non sarà più costituzionalmente garantito. È una traiettoria che va avanti da 12 anni senza soluzione di continuità. È bene che la cittadinanza lo sappia, afferma il presidente dell'Ordine.

Sulle problematiche del personale ha insistito anche Dario Antichi di Nursind. Il sistema è vicino al collasso e non viene posto alcun rimedio - attacca - le condizioni di lavoro sono sempre più insostenibili e tanti infermieri abbandonano la professione: uno su tre oggi cerca il modo di farlo. Occorre valorizzare la professione, evitare la concorrenza salariale e non abbassare la qualità dei servizi.

A difesa della sanità pubblica scende in piazza anche quella privata

Il presidente di Aiop Emilia-Romagna, Luciano Natali, ha infatti partecipato oggi a Bologna alla manifestazione organizzata dall'Intersindacale. E ha preso anche la parola per ribadire la sua posizione. Mi sarebbe dispiaciuto non esserci oggi - afferma Natali - come cittadino e come rappresentante di una comunità, quella emiliano-romagnola, invidiata dalle altre regioni.

Qui, rivendica il presidente Aiop, c'è equilibrio e sinergia tra il pubblico e il privato accreditato. E i risultati si vedono, si sono visti anche durante la pandemia. In Emilia-Romagna siamo virtuosi. Natali ammette che ci sono spinte economicistiche, ma devono prevalere i contenuti. L'obiettivo è rafforzare l'intero sistema, non la competizione. E aggiunge: Se uno non può pagare, deve poter comunque accedere al servizio. Non scherziamo. Per questo mi sento sereno nel rilanciare l'obiettivo di salvaguardare il sistema sanitario nazionale, afferma il presidente regionale Aiop.

A Napoli sindacati e associazioni in conferenza con mani legate

Manifestazione Intersindacale a Napoli: Autonomia trasformerà diritto alla salute in bene di lusso

Si sono presentati in conferenza stampa con le mani legate:

questa la protesta, nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino, delle principali organizzazioni sindacali, rappresentative di oltre 120.000 dirigenti medici, veterinari e sanitari dipendenti del Ssn, e con loro 15 associazioni di cittadini e pazienti, che hanno chiesto alla politica un chiaro impegno in difesa del Servizio sanitario nazionale pubblico.

La stessa protesta è andata in scena in quasi tutti gli ospedali campani, dando vita ad un flash mob che ha visto assieme, senza alcuna distinzione, camici bianchi e cittadini. Nessuna rivendicazione sindacale, solo la preoccupazione nei confronti di una sanità pubblica ormai prossima al tracollo.

Da tempo - dicono sindacati e pazienti - assistiamo ad un processo che mina la sostenibilità, l'equità e l'accesso alle cure.

Sindacati e pazienti sottolineano come il diritto costituzionale alla salute sia oggi declinato nelle Regioni in 21 modi diversi. Un sistema destinato a peggiorare a causa dell'autonomia differenziata che accentuerà le diseguaglianze nell'accesso alle cure che costringono gli ammalati a viaggi della speranza sulla direttrice Sud-Nord.

I processi di autonomia differenziata avviati dal Governo e dalle Regioni - avvertono - accentueranno drammaticamente le differenze tra gruppi sociali e aree geografiche, trasformando il diritto alla salute in un bene di lusso che costringerà i cittadini a pagare le cure di tasca propria o a rinunciare all'accesso alle cure quando non potranno permetterselo. Sarà sempre meno sostenibile per gli operatori sanitari, sia per condizioni organizzative che economiche, lavorare nella propria Regione al Sud per cui aumenterà la migrazione non solo dei pazienti ma anche degli operatori, al Nord se non addirittura all'estero. Un sistema che evolve sempre più rapidamente verso il privato, dove solo chi potrà permetterselo riceverà cure adeguate.

Sardegna, servizio pubblico sotto attacco: la pazienza è finita

La pazienza è finita!. E ancora: Vergogna. Questi gli slogan più gettonati durante il sit-in, questa mattina a Cagliari, organizzato dai sindacati delle professioni sanitarie, per denunciare le carenze del sistema regionale.

Le sigle - Cgil Fp, Uil Fpl, Fials, Nursind, Nursing Up e Fsi-Usae - hanno chiamato a raccolta un centinaio di persone giunte da tutta la Sardegna sotto la sede dell'assessorato, in via Roma, sperando in un confronto con l'assessore Carlo Doria.

Le ragioni della protesta elencate dai sindacati riguardano temi ormai noti del servizio sanitario regionale: liste d'attesa sempre più lunghe, gravissima crisi dei Pronto soccorso, assenza di medici di famiglia e pediatri in molti Comuni dell'interno, carenza di personale che costringe i lavoratori a turni massacranti. In generale, una situazione allarmante in cui ormai molti sardi rinunciano alle cure.

Siamo molto preoccupati, questo assessore e questa giunta non danno risposte ai bisogni di salute dei cittadini sardi, a partire dalla vergognosa lungaggine delle liste d'attesa - attacca la segretaria generale della Uil Fpl Sardegna, Fulvia Murru -. Ed è vergognoso che oggi l'assessore, invece di incontrare le parti sociali e cercare di dare insieme risposte concrete, sia scappato da una porta secondaria.

Le risposte che stanno arrivando da chi dovrebbe ripensare il sistema sono insufficienti - spiega Roberta Gessa, segretaria regionale della Funzione pubblica Cgil -. Non ce la facciamo più, né come professionisti dei servizi, né come cittadini. Siamo di fronte a una carenza strutturale di personale, e di fatto le persone non ce la fanno più a curarsi.

Concetti ribaditi dal segretario regionale della Cgil, Fausto Durante: La situazione della sanità pubblica in Sardegna è a livello di allarme rosso, su tutti i fronti: liste d'attesa con tempi infiniti per visite specialistiche ed esami diagnostici anche a carattere di urgenza, ospedali e presidi sanitari sguarniti di mezzi e personale, interventi chirurgici programmati e rinviati quasi senza preavviso, piani di riorganizzazione annunciati e mai realizzati, utenti e pazienti privi di certezze e continuità nell'assistenza e nelle prestazioni.

In questo contesto, il diritto alla salute e all'accesso alle cure per i cittadini sardi non è garantito. Siamo al fallimento della politica regionale sulla sanità e della gestione delle aziende sanitarie - attacca-. Davvero la pazienza è finita.

Secondo Fabrizio Anedda, coordinatore regionale Nursind, l'assistenza verso gli utenti in Sardegna non è adeguata. Sono pochi i medici e gli infermieri a lavoro, nell'entroterra i servizi si stanno riducendo, situazione che sta creando sovraffollamento negli ospedali di grandi dimensioni. L'indice di rapporto tra infermieri e pazienti dovrebbe essere uno a sei: quando questo indice si allarga, aumenta del 10% la potenziale mortalità degli utenti. Bisogna intervenire.

Quindi Diego Murracino, responsabile regionale del Nursing Up: Oggi protestiamo perché i professionisti sanitari non riescono più a lavorare in sicurezza. Il numero degli operatori è inadeguato, ormai non riusciamo a conciliare la vita privata con l'attività lavorativa. Abbiamo migliaia di ore di lavoro già fatte - oltre a quelle previste da contratto e per supportare un sistema ormai allo sfascio - che non ci vengono retribuite. Così non si può andare avanti.

Per Paolo Cugliara della Fials è vergognoso quello che sta accadendo nella sanità pubblica, la stanno smontando per favorire chissà chi, a discapito del servizio pubblico. In tutta l'isola ormai chi non ha soldi non può curarsi, e questo non è dignitoso.

Infine Beatrice Mura, segretaria regionale dei sindacati indipendenti Fsi-Usae: La nostra pazienza è finita, la Regione deve dare risposte concrete. L'Ares deve mantenere il potere gestionale sul personale e chiediamo che la Regione si faccia parte attiva per eliminare il numero chiuso in Medicina. A Oristano con la carenza di professionisti è un disastro, non sappiamo come affrontare questa emergenza.

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