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Nursing Up, infermieri italiani sempre più a rischio povertà

di Redazione

Gli infermieri italiani sono sempre più a rischio povertà. E se non siamo da considerare i nuovi poveri, ci manca davvero poco per diventarlo, considerando che la soglia di povertà nel 2022 è stata fissata a 1150 euro e che lo stipendio medio di un infermiere, senza premi e straordinari, è di 1400. Non è molto al di sopra della soglia di povertà. Così Antonio De Palma, Presidente nazionale del Nursing Up, illustrando la situazione economica della categoria dopo la fotografia dell'ISTAT che emerge dal rapporto 2023 sulle condizioni di vita e sul reddito delle famiglie italiane.

Infermieri nuovi poveri, l'allarme del sindacato Nursing Up

Definirci i nuovi poveri potrebbe sembrare una forzatura ed una esagerazione ma, facendo due conti e numeri alla mano, non è così – spiega -. I professionisti sanitari italiani dell'area non medica hanno un reddito medio di 24.168 euro annui, ben al di sotto della media del reddito nazionale (36.000), continua.

Siamo all'ultimo posto in Europa per retribuzione media. E in Italia l'aumento dell'inflazione e del costo della vita non hanno certo fatto il paio con la revisione degli stipendi dei professionisti dell'assistenza, denuncia ancora De Palma.

Da circa 8 anni lo stipendio degli infermieri è fermo al palo. E le cifre del nuovo contratto della sanità, le cui trattative sono appena iniziate, sono davvero irrisorie, rimarca facendo sapere che Nursing Up ha chiesto al governo un provvedimento straordinario di 432 milioni di euro, con alla base l'aumento dell'indennità di specificità infermieristica.

La situazione attuale, con un'inflazione che non ha mai conosciuto un picco del genere dal 1995, ci chiede prepotentemente di ribadire i punti nodali dell'indagine ISTAT alla collettività ma soprattutto a coloro che oggi hanno il compito di portare avanti il nuovo contratto dei professionisti della salute ed è convinto che sta costruendo una svolta epocale per la nostra categoria.

L'aumento vertiginoso delle responsabilità dei sanitari e l'arrivo di un nemico invisibile ci ha proiettati in un sistema sanitario che ci ha letteralmente risucchiato ed ingabbiato in turni massacranti - ricorda De Palma -. E questo non fa certo il paio con una valorizzazione che da anni segue il vergognoso ed inspiegabile percorso del vorrei ma non posso e delle pacche sulle spalle, denuncia descrivendo gli infermieri stanchi e logorati dai turni e dalla disorganizzazione, delusi ed amareggiati per una collettività che ci prende a pugni e a calci quasi ogni giorno, illusi dalle promesse vane di una politica che sulla valorizzazione economica e contrattuale continua a fare propaganda.

De Palma ricorda poi che lo stipendio medio per gli infermieri italiani è di 1700 euro mensili, comprensivo di premi e straordinari. Nel 2020, quando l'inflazione era già preoccupante ma non ai livelli allarmanti di oggi, un infermiere con questa retribuzione, considerata magra, era collocato dall'ISTAT ampiamente al di sotto della soglia di povertà se viveva in una città del Nord Italia.

Un infermiere che oggigiorno lavora al Nord e porta a casa 1400 euro, senza premialità, è di fatto un povero a tutti gli effetti – sottolinea -. Se al Sud chi ha la fortuna di avere una casa di famiglia o paga un affitto ragionevole, riesce a reggersi a galla, al Nord, invece, con il caro abitazioni, scatta una vera e propria battaglia per la sopravvivenza.

I rincari vertiginosi delle utenze domestiche nonché l'aumento dei beni di prima necessità a partire dal carrello della spesa proiettano gli infermieri italiani, con il loro magro stipendio, in una situazione di estremo disagio. L'indagine ISTAT, che evidenzia 13 milioni di persone in difficoltà economica nel 2023 di cui 2,8 milioni in condizioni di grave deprivazione, riporta dati schiaccianti. Sin dal 2019 si evidenziava che un infermiere padre di famiglia riusciva a malapena ad arrivare a fine mese con il suo stipendio, soprattutto se proiettato nei costi di una grande città italiana e con moglie e figli a carico.

Sebbene, nonostante la perdita di reddito reale delle famiglie, la povertà in Italia faccia un passo indietro riducendo il rischio dell'1% grazie all'aumento dell'occupazione e all'introduzione dell'assegno unico universale, De Palma spiega che queste misure non hanno certo rivoluzionato un quadro decisamente grigio.

Il rapporto fotografa un paese meno fragile e meno diseguale, sia pur con le solite differenze a livello geografico. È scesa la percentuale di popolazione a rischio povertà per mancanza di reddito adeguato (dal 20,1% al 18,9%) e quella per esclusione sociale (dal 24,4% al 22,8%). Sale invece lievemente la quota di italiani in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (dal 4,5% al 4,7%).

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