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Allarme Rsa, persi 1.200 infermieri

di Redazione Roma

Prosegue la corsa verso le strutture sanitarie in grado di offrire contratti più vantaggiosi. E le cooperative temono di non riuscire ad assicurare i minimi per legge. La presidente Fnopi, Mangiacavalli: Il problema è ancora più rilevante dopo l’emergenza Covid. Ma la formazione del professionista viene prima di tutto.

Lombardia, infermieri in fuga dalle Rsa verso impieghi nel pubblico

Sono ben 9mila gli infermieri in meno, rispetto alle necessità, in Lombardia. A livello nazionale, invece, si stima una carenza di circa 60mila operatori sanitari, con le strutture pubbliche a contenderseli con le residenze sanitarie. Spesso riuscendo a “prevalere”, poiché vengono offerti loro stipendi più allettanti e incarichi più alti. Così la gratificazione economica e quella professionale vanno a braccetto.

Sul delicato tema è intervenuta la presidente della Fnopi, Barbara Mangiacavalli, rimarcando un aspetto: La problematica non è affatto inedita, ma è emersa in modo prepotente con l’emergenza pandemica. In precedenza le assunzioni nel settore pubblico erano contingentate. Tradotto: nel momento che sono state sbloccate è iniziato un vero e proprio esodo da parte degli infermieri. Fermo restando che rigettiamo l’idea di affidare compiti infermieristici a chi è sprovvisto di formazione adeguata, ha concluso. Rsa a corto di infermieri. Ma quanti sono gli operatori sanitari che la Lombardia ha perduto poiché questi ultimi hanno preferito nuovi lidi?

La presidente di Aci Welfare Lombardia e Confcooperative Federsolidarietà, Valeria Negrini, dà la sua risposta: A livello regionale abbiamo perso 1.200 infermieri. Si parla di professionisti che sono stati reclutati per rafforzare l’organico all’interno dei reparti ospedalieri oppure per la campagna vaccinale anti Covid-19. Così i centri gestiti da fondazioni e cooperative si stanno, nel tempo, spremendo sempre di più.

Effetti (anche) della pandemia – come Mangiacavalli insegna – che non possono essere sottovalutati né sottaciuti. E a destare inquietudine è tanto il presente quanto l’immediato futuro. Permane il tema di accreditamento con il servizio sanitario nazionale — sottolinea Negrini – considerato che le regole prevedono la presenza di un certo numero di professionisti. Abbiamo paura di non riuscire ad assicurarlo. Assumere in Italia personale dall’estero può essere una strada percorribile per tentare arginare la questione. Ma è tutt’altro che semplice.

E proprio per bloccare la fuga degli infermieri dalle Rsa, nei giorni scorsi Aci Welfare Lombardia – insieme ad altre associazioni di settore – ha scritto alla Regione una lettera (indirizzata al governatore Attilio Fontana e all’assessore alla Sanità, Letizia Moratti) chiedendo soprattutto di reintrodurre con tempestività ed immediatezza elementi di freno all’esodo e altresì proponendo l’istituzione di un tavolo di confronto. La risposta di Palazzo Lombardia non è tutt’ora sopraggiunta, ma l’auspicio è che si possano assicurare risorse economiche aggiuntive agli infermieri, offrendo loro un trattamento perlomeno pari di quanto percepito negli ospedali.

Insomma, se non c’è stata programmazione (oppure non è stata sufficiente), adesso conta passare all’azione, per evitare che la carenza di professionisti diventi sempre di più sinonimo di minore assistenza. Con la conseguenza che ciò ricada sugli ospedali in termini di maggiori ricoveri. Agire e farlo in fretta. E dalla problematica non sono esenti gli operatori socio sanitari, come spiega Stefania Pace, presidente dell’Opi di Brescia: La coperta è corta. La richiesta di operatori socio sanitari aumenta, ma le figure a disposizione sono sempre le stesse. Si stima che in Lombardia manchino 5mila Oss. Mal comune, mezzo gaudio? Decisamente no, e l’ironia non può abitare qui.

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