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Dopo il Covid torna la paura in Europa

di Giada Martemucci

L’attacco russo alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa fa riemergere una paura lontana e che le giovani generazioni conoscono solo per i racconti e le serie tv. La tragedia di Chernobyl, la guerra fredda, la Guerra, quella con la maiuscola sono di nuovo, a un passo da casa. Non c'è una singola persona che possa trarre vantaggi da questo bagno di sangue sono le parole dei sanitari Russi al Presidente Putin.

Incendio alla centrale nucleare di Zaporizhzhia

L’attacco è avvenuto questa notte, il 4 marzo 2022, una data che ai suoi primi albori è già storia. Una storia terribile carica di paura e vittime innocenti. La paura. La protagonista indiscussa di questi ultimi due anni, la paura del virus che ci ha reso distanti gli uni dagli altri oggi lascia spazio alla paura di una guerra troppo vicina per non allarmare. Questa volta però, ci chiedono di essere vicini, vicini al popolo ucraino colpevole di occupare il posto sbagliato sul mappamondo, vicini a tutti gli stati europei perché solo l‘Unione può respingere la minaccia di una guerra su larga scala. Vicini e uniti a noi, i Paesi della Nato a difesa di una cultura e di una libertà già conquistata con sangue.

Il 31 Marzo finirà lo stato di emergenza dovuto alla pandemia ma il Premier Draghi ne ha già dichiarato uno nuovo, questa volta per garantire aiuti e armi all’ucraina, mentre l’UE approva in via del tutto eccezionale nuove misure per tutelare i profughi, principalmente donne e bambini che dai corridoi umanitari giungeranno nell’occidente che speravano di poter costruire in casa propria.

Ma la memoria per alcuni è un fatto concreto e pesante quanto le bombe: in Belgio prima ancora che le esplosioni accerchiassero la centrale nucleare di Zaporizhzhia, è iniziata la corsa frenetica alle pillole di iodio anti radiazioni e, come riporta l’AGI L'Associazione dei farmacisti belgi ha segnalato che quando sono arrivate le prime notizie sui combattimenti vicino alla centrale nucleare ucraina nota per il tragico incidente del 1986 - sono state consegnate 1.500 scatole da 10 compresse - dopo solo pochi giorni - la domanda è salita a 4 mila confezioni al giorno e si stima che lunedì le consegne abbiano toccato quota 30 mila.

Mentre la paura si fa strada nelle ipotesi di scenari catastrofici, la gueerra continua mietendo vittime reali. Pochi giorni fa le bombe della Federazione Russa hanno colpito ha colpito l’ospedale della cittadina di Vuhledar, nel Donbass, a metà strada fra Donetsk e Mariupol. Se le parole del Presidente Putin durante i primi giorni di attacco all’Ucraina ci avevano fatto sperare che gli ospedali e le abitazioni civili non sarebbero stati nel mirino dell’esercito russo, l’attacco all’ospedale ha definitivamente eliminato ogni speranza che questa guerra potesse avere dei limiti.

Ma Putin non è la Russia, e a dimostrarlo ci pensa il popolo, oltre i cittadini, i manifestanti arrestati perché contrari a questa assurda guerra, anche i sanitari russi non sono rimasti in silenzio. In 15 mila tra medici, infermieri e altri professionisti sanitari, hanno scritto a loro Presidente chiedendo la fine delle ostilità nei confronti dell’Ucraina.

Non c'è una singola persona che possa trarre vantaggi da questo bagno di sangue.

La vita umana è senza prezzo – scrivono - serve un attimo per essere uccisi in azione e servono anche anni per riuscire a trattare e guarire i feriti. Pagheremo per anni questi giorni di guerra. Inoltre, seguendo i nostri giuramenti e trattando allo stesso modo e con lo stesso rispetto tutte le vite umane, chiediamo la sospensione immediata di tutte le operazioni con uso di armi letali.

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