Linee di indirizzo regionali siciliane: dotazioni organiche. No alla carenza istituzionalizzata del personale Infermieristico.
Dal Presidenete del Collegio Ipasvi di Ragusa ricevo e pubblico quanto segue.
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Le regole del gioco: forse è il caso di raccontarle in termini calcistici.
Qualche anno fa le squadre di calcio giocavano una volta a settimana e nel caso in cui avevano un impegno infrasettimanale si spostava la partita per far riposare quell’esiguo numero di calciatori circa 14. Successivamente “la macchina dei soldi” ideò un campionato europeo, il numero delle partite giocate per singola squadra triplicò nell’arco dell’anno. Conseguenzialmente l’essere umano calciatore sottoposto a un impegno muscolare triplicato si infortunava con più frequenza e quindi fu necessario organizzarsi diversamente rispetto al passato e, infatti, per risolvere il problema delle assenze per infortuni il numero di giocatori per squadra fu triplicato. Vince non solo chi ha i campioni più bravi ma soprattutto chi ha la “rosa” più ampia.
Nella sanità purtroppo non è così! La sanità vive di soldi pubblici, spesso sperperati, ed è una voragine nel bilancio dello Stato. In continuazione si cambiano le regole del gioco perché nessun governo si è mai permesso di modificare quello splendido articolo 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Dagli anni del boom economico italiano agli anni della profonda crisi economica si passa dalla creazione del SSN alla riforma dello stesso, si passa dal tutto a tutti ai LEA, arriva anche il federalismo fiscale e da un sistema sanitario oggi ne abbiamo venti. Alcune di queste regioni fra cui la Sicilia ha il bilancio della sanità profondamente in rosso. Arrivano gli anni del piano di rientro. Nello stesso tempo per disorientare i cittadini si implementa, con una produzione di carte inverosimili, la strategia dell’illusione: “patto della salute”, customer satisfaction, carta dell’accoglienza, rete civica ecc. Tutto condivisibile se non fosse tutto una produzione di carta che si dematerializza quando percorri le corsie degli ospedali svuotate di personale.
Purtroppo qui governare il cambiamento è più difficile: scrivi una cosa in questa miriade di carte che si chiama “riqualificazione e rifunzionalizzazione” della rete ospedaliera che può significare la chiusura di una unità operativa o addirittura di un ospedale, ma poi devi fare i conti con l’elezione politica con i consensi e quello che sulla carta è chiuso si riapre per magia, possibilmente si amplia. Devi rideterminare la dotazione organica perché hai modificato la struttura ma non riesci a governare il sistema perché la dicotomia fra la teoria e la realtà quotidiana di chi vive accanto agli ammalati è totale e disarmante diventa l’atteggiamento dei decisori nelle interlocuzioni che hai per esprimere la tua sofferenza nel cercare di dare risposte assistenziali ai cittadini e non le belle parole che “Tu decisore” hai scritto nel patto della salute: “efficacia, efficienza, appropriatezza”.
Ultimamente il dibattito sulla carenza infermieristica si è attenuato: le elezioni degli RSU si sono svolte, gli infermieri si sono assopiti o sono stremati? Purtroppo gli infermieri da sempre sono in prima linea ad assistere gli ammalati e a difendersi dagli attacchi dei decisori e degli stessi cittadini insoddisfatti, per colpe non degli infermieri, per la insoddisfacente assistenza ricevuta in termini di tempo. Sì, perché il tempo che puoi dedicare lo stabiliscono le norme che si succedono e sempre al ribasso. Rideterminazioni di dotazioni organiche all’insegna del risparmio sulla pelle degli infermieri e dei cittadini.
Loro parlano di ottimizzazione delle risorse infermieristiche: si ostinano a non riconoscere che i margini di recupero delle risorse sono “finiti”.
Perché asseriamo, con certezza, che le dotazioni organiche in atto, quelle determinate dal decreto assessoriale del 2010, sono insufficienti. Lo dimostra lo sforamento del budget dello straordinario, utilizzato in maniera indiscriminata per eventi non straordinari ma programmati; l’istituto della pronta disponibilità utilizzato come sostitutivo di turno e non integrativo dello stesso; alcune pronte disponibilità partono addirittura dalle ore 8 del mattino dei giorni feriali; dal cumulo di ferie residue del personale. Paradossalmente rimane evidente la difficoltà quotidiana degli infermieri, ma anche dei coordinatori e dei dirigenti infermieri, dove presenti, impegnati sui tavoli negoziali in estenuanti contrattazioni per ottenere più infermieri.
Parliamo di standard assistenziali nelle aree, definite dall'assessorato regionale, a bassa intensità assistenziale. In California, ma anche in altri Stati Americani, l’American Nurses Association ha condotto una dura battaglia politica per definire il numero massimo o atteso di pazienti che ciascun infermiere dovrebbe gestire. Questo rapporto - nurse to patient ratio - esprime una misura di sintesi che deve essere garantita sulle 24 ore: include solo infermieri e non gli operatori di supporto, aiuta la dirigenza degli ospedali a negoziare la migliore quantità di risorse per i pazienti; garantisce la possibilità per gli infermieri di lavorare, esprimendo le massime potenzialità dell’assistenza, che comprendono la capacità di giudizio, di monitoraggio e di sorveglianza. Stare con pochi pazienti, infatti, permette agli infermieri di conoscerli bene, di individuare precocemente variazioni cliniche, di monitorarle, di ipotizzare problemi potenziali e di attivare strategie efficaci. Un buon rapporto infermieri/pazienti dovrebbe aggirarsi su 1 a 5 o comunque inferiore a 6, per ridurre il rischio di complicanze e di mortalità dei pazienti.
I Collegi Ipasvi della Sicilia riuniti nel Coordinamento Regionale hanno “timidamente” chiesto una clausola di salvataggio per la sicurezza dei pazienti, ovverosia di non scendere al di sotto di 1 infermiere ogni 8 ammalati. Cari assistiti rischiate la vita! Cari cittadini riuniti in Cittadinanza attiva, Tribunale dei diritti del malato, sindacati, pretendetelo!
Ci è stato spiegato che il tetto di spesa deve essere mantenuto già fissato nel 2011. Molti di noi, vicini al pensionamento, hanno iniziato a lavorare in strutture che avevano il doppio dei posti letto attuali; la politica dei tagli ha determinato una riduzione drastica dei posti letto determinando dei tassi di occupazione critici, anche al di sopra del 100%. Nella pratica, ciò significa che gli infermieri assistono pazienti accolti su letti aggiunti oltre a quelli previsti; oppure che tra dimessi e nuovi accolti, durante la giornata sono presenti più pazienti che posti letto. Questa situazione aumenta il rischio dei pazienti, ai quali è difficile garantire uno scrupoloso monitoraggio; la situazione alberghiera è spesso insoddisfacente; ma ne deriva anche (e gli infermieri delle medicine e di quanti lavorano in prima linea lo sanno bene) un importante turnover dei pazienti e continui riassestamenti (pazienti che dal corridoio, appena si libera un posto, vengono messi in stanza; pazienti in attesa di essere dimessi, senza il posto letto che è stato già occupato da altri). Situazioni critiche che aumentano il carico di lavoro, il rischio di errori e di mancata sorveglianza clinica. Tutto questo il più delle volte senza l'aiuto di altro personale; prioritario sarebbe, cercare di ottimizzare e impegnare gli infermieri solo su attività infermieristiche. Il personale di supporto è carente e molte volte inesistente; l'esternalizzazione dei servizi ha permesso di assumere operai al posto di personale qualificato, tale mancato rispetto dei profili comporta situazioni ingestibili dove questo personale che contrattualmente non può toccare l'ammalato si rifiuta anche di imboccare l'ammalato perché il sindacato gli ha detto che non gli compete. Tutto ciò oltre ad essere deleterio ha determinato un'eccessiva frammentazione delle cure infermieristiche, in quanto tutte le necessità dell'ammalato ricadono esclusivamente sull'infermiere.
Pertanto ribadiamo e questa volta gridiamo:
Sì all’adeguata definizione del fabbisogno di infermieri atto a garantire adeguati e appropriati livelli assistenziali.
Sì alla soddisfazione dei bisogni primari e all’igiene personale degli ammalati garantiti dal personale di supporto.
Cosa vogliamo ancora dire ai Direttori Generali e ai Dirigenti che hanno partecipato al tavolo tecnico in assessorato e oggi stanno definendo il nostro destino? Oggi da infermieri e domani da ammalati, per la definizione delle linee guida proponiamo: oltre a far quadrare i conti, certo sarebbe meglio tagliare gli sprechi e noi di certo non rientriamo in questa partita, provate a considerarci professionisti quali siamo e esseri umani. Ci è stato chiesto di studiare perché dovevamo adeguarci all'Europa, perché l'evoluzione scientifica aveva bisogno di un professionista con competenze adeguate allo sviluppo tecnologico.
Perché parliamo di essere umani? Perché in questa situazione di spending review è venuto meno il turnover e quindi dobbiamo fare i conti con una professione che invecchia e che non potrà sostenere i turni notturni; con una popolazione con crescenti livelli di disabilità e di cronicità.
È paradossale che rispetto al passato i decisori decrementino ancora il tempo dedicato all'assistenza: difatti oggi, è di gran lunga inferiore a quello assicurato negli anni settanta, allora 120 minuti di assistenza a paziente che erano meno critici di quelli odierni e ancora studiano come ridurli dietro l'ipocrisia dell'ottimizzazione. Gli standard dotazionali, proposti con le nuove linee guida, che noi rappresentanti della professione infermieristica stiamo analizzando criticamente rilevandone l'inappropriatezza e che invece i decisori stanno ridesignando peggiorativi rispetto al passato, rischiano di demotivare gli infermieri clinici, risorse preziose del sistema, di allontanarli dalla pratica e di annullare gli sforzi formativi degli ultimi anni. Come potrebbero, infatti, infermieri ben preparati magari con competenze avanzate, assistere adeguatamente tanti pazienti? Le politiche professionali giustamente sono state orientate all’avanzamento professionale, le università sono state foraggiate dagli infermieri, la stessa educazione continua in medicina vive con le risorse e i sacrifici degli infermieri che di contro non godono del necessario rispetto professionale da parte dei dirigenti regionali . Ma ancora più grave è ciò che scaturisce dalla carente assistenza, chiamato: rischio clinico e sicurezza per la vita degli ammalati.
I Presidenti dei Collegi IPASVI della Sicilia per la cura e la vita dei nostri ammalati.
Dr. Gaetano Monsù, presidente Ipasvi Ragusa
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