Ecdc: un cittadino europeo su dieci è sieropositivo, ma non lo sa
L'1 dicembre si celebra la Giornata Mondiale contro l'Aids.
Seppure i due terzi degli infetti si registrino nella regione africana, le stime ufficiali mondiali di 39 milioni di persone affette da Hiv nel 2022 sono preoccupanti. Secondi i dati dell'Oms, l'anno scorso sono morte per cause legate all'Hiv ben 630 mila persone e le nuove infezioni sono state 1.3 milioni.
Nonostante i progressi compiuti nella lotta all'Hiv, in Europa - dove sono evidenti disparità regionali nella mappa delle infezioni - si sono registrati 110.486 nuovi casi nel 2022 portando il totale a 2,4 milioni di persone con positività nota. I rapporti eterosessuali restano la via di trasmissione più comunemente segnalata, anche se il contagio tra omosessuali è aumentato nuovamente in maniera significativa negli ultimi 10 anni.
L'Ecdc, il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, segnala che le diagnosi, metà delle quali tardive, sono aumentate del 4,2% e che un cittadino europeo su 10 è sieropositivo, ma non lo sa.
Lancia, pertanto, l'allarme che non essere consapevoli del proprio stato espone a diagnosi tardive, a risultati peggiori nella cura e alla continua diffusione dell'Hiv . Le persone che sono consapevoli del rischio hanno invece la possibilità, almeno nella regione europea dell'Oms, di accedere facilmente ai test, alle cure e ai servizi di supporto e di aumentare la propria aspettativa di vita, nonostante l'infezione e la malattia.
L'Ecdc indica la necessità urgente di capire cosa rende le persone non in grado o non disposte ad accedere al test e a cure tempestive. Pertanto, l'Agenzia ritiene che permangano sfide significative nell'identificazione dei soggetti vulnerabili nella popolazione e nel trattamento dei casi, ma soprattutto nella prevenzione dell'infezione.
Occorre migliorare anche la sorveglianza e il monitoraggio attraverso linee guida dedicate. Allo scopo di fermare il dilagare dell'infezione, l'Oms e l'Ecdc lanciano un appello all'azione per ampliare l'accesso ai test e alle cure e alla lotta contro lo stigma sociale e alle discriminazioni persistenti, rilevate anche all'interno del settore sanitario, che ancora molto probabilmente impediscono alle persone di cercare diagnosi e cura. Considerando il fenomeno migratorio in atto, emerge la necessità di estendere i servizi di prevenzione e i test verso i migranti in quanto anche il movimento di persone che convivono con l'Hiv ha contribuito all'aumento delle diagnosi.
Le due Agenzie concordano che non c'è tempo da perdere: occorre affrontare l'epidemia da Hiv : Una diagnosi di Hiv non è una condanna a morte. Una volta diagnosticato, è disponibile oggi un trattamento altamente efficace che aiuta anche a ridurre la diffusione della malattia , ha ricordato il direttore dell'Oms Europa, Hans Kluge .
La triste verità è che circa quattro decenni dopo l'identificazione dell'Hiv lo stigma persistente impedisce a molte persone di farsi avanti. Nessuno deve essere lasciato indietro ma se non superiamo lo stigma associato all'Hiv non riusciremo a raggiungere tutte le persone che hanno bisogno delle cure .
Non esiste una cura che consenta la guarigione, tuttavia l'infezione è diventata una condizione di salute cronica prevenibile e gestibile grazie all'accesso alla prevenzione, alla diagnosi precoce con test rapidi e sicuri, a trattamenti efficaci contro le infezioni opportunistiche che caratterizzano la sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids), lo stadio più avanzato della malattia che si sviluppa anche dopo molti anni se l'Hiv non viene trattato e prevenuto con la terapia antiretrovirale (farmaci che impediscono al virus di replicarsi nell'organismo e rafforzano il sistema immunitario aiutandolo a combattere altre infezioni).
L'obiettivo di sviluppo sostenibile per l'Hiv, denominato “95-95-95” che l'Oms si è prefissato di raggiungere nel 2025, significa 95% di persone diagnosticate, 95% in accesso e cura e 95% con soppressione virologica. In Italia le persone che risultano in soppressione virologica sono il 94%, il restante 6% è costituto da pazienti che hanno un virus resistente ai farmaci attuali ma soprattutto da quelli che non aderiscono al follow up e sono pertanto più a rischio di progredire nella malattia.
Considerando l'esigenza di decentralizzare il percorso di cura nel processo di cambiamento della sanità, gli esperti ritengono che con le nuove terapie, i cui studi sono in corso, sarà possibile seguire un numero maggiore di pazienti più semplici nel territorio, non presi in carico completamente dall'ospedale dove invece accederanno quelli più fragili e che presentano comorbidità legate all'invecchiamento.
Sostenere l'accesso ai servizi essenziali per l'Hiv, integrare l'Hiv negli interventi sanitari di routine e fornire un'assistenza rispettosa dei diritti umani e senza stigmatizzazione sono le principali azioni da realizzare proposte dall'Oms. Occorre assegnare risorse sufficienti per migliorare la qualità dei servizi e renderli più resilienti e sostenibili. Bisogna concentrare gli sforzi per raggiungere le popolazioni vulnerabili (donne, bambini, prostitute carcerati, omosessuali).
È fondamentale sostenere e responsabilizzare gli operatori sanitari in prima linea – infermieri, ostetriche ed operatori sanitari di comunità – per fornire servizi anti-Hiv di alta qualità, garantendo loro una formazione adeguata e dispositivi di protezione individuale sufficienti (implementando anche la pratica corretta dell'igiene delle mani), e migliorando la sicurezza delle condizioni di lavoro nelle strutture sanitarie.
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?