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Salute

Balbuzie

di Monica Vaccaretti

Descritta fisiologicamente come un disturbo dell'apparato fonatorio dovuto a spasmo intermittente di origine psico-emotiva, la balbuzie è un disturbo del linguaggio. È l'atto di parlare in maniera disfluente. È un disordine involontario del ritmo della parola (Oms, 1977). Meglio definita come un disturbo della fluenza, è caratterizzata da ripetizioni di sillabe o parole, prolungamento di fonemi (consonantici e vocalici) e da pause del discorso, sonore o mute. Tali blocchi sono visibili e udibili. La frase pronunciata non è fluida e continua, riesce esitante ed interrotta (disritmia). La balbuzie si accompagna, nel bambino in età scolare e nell'adulto, anche a segni intesi come movimenti: oscillazioni della mandibola, contrazione dei muscoli mimici (tic facciali) o del corpo e degli arti, ammiccamenti (sbattere delle palpebre), deviazioni degli occhi per incapacità di sostenere lo sguardo dell'interlocutore.

Che cos’è la balbuzie

balbuzie logopedista

Gli specialisti trattano la balbuzie valutando i meccanismi linguistici, motori, neuropsicologici e psicologici che possono causarla.

La balbuzie (stuttering) si differenzia dal cluttering, ossia dal farfugliamento. Chi farfuglia ha infatti un eloquio veloce, disordinato, disritmico, difficilmente intellegibile, spesso associato a limitati tempi di attenzione e a problemi di linguaggio verbale (di espressione e di comprensione). E soprattutto, a differenza del balbuziente, chi farfuglia non si rende conto del suo modo di parlare e quindi non se ne preoccupa e non ne soffre psicologicamente.

La persona disfluente differisce dalla persona che parla fluentemente, la quale pronuncia il discorso in maniera continua e scorrevole, a velocità normale, articolando bene le parole e dedicando la propria attenzione a ciò che si deve dire e non al modo in cui deve essere detto. Chi ascolta una persona normofluente si concentra su cosa viene detto e non è distratto dal modo con cui si pronunciano le parole. È disfluenza invece “tutto ciò che chi parla e chi ascolta sente e percepisce come anomalo nel normale e fisiologico scorrere della parole”. Si sottolinea inoltre che la balbuzie è un problema con profonde implicazioni psicologiche, basate soprattutto sul timore del giudizio altrui e su un forte meccanismo di controllo nell'atto della fonazione.

Si ritiene che il disturbo sia ereditario o comunque ci sia una predisposizione geneticamente determinata, come risulta indagando le anamnesi familiari e se non si riscontrano microdanni del sistema nervoso centrale, in epoca pre-peri e postnatale, difficili tuttavia da evidenziare con l'imaging. Secondo Schindler – audiofoniatra di Torino e uno dei maggiori studiosi di balbuzie in Italia - un individuo nasce o diventa disfluente e la società lo trasforma in balbuziente. “Una persona affetta da balbuzie non balbetta quando pensa, sogna, parla da sola o con gli animali o in na lingua straniera, canta o recita”.

Classificazione di balbuzie

Si distingue in:

  • balbuzie evolutiva, la più diffusa ad esordio prevalentemente nella prima infanzia
  • balbuzie neurogena (conseguente ad alterazioni cerebrali)
  • balbuzie psicogena (secondaria ad alterazioni psichiche).

Viene classificata solitamente in tre forme: tonica, clonica e mista. Nella balbuzie tonica i blocchi sono improvvisi e parossistici di emissione del linguaggio per cui la persona non può cominciare un dato fonema o non riesce a superarlo per passare ad un altro. La forma clonica/b> si presenta con una ripetizione convulsiva di un fono, di una sillaba o di una parola soprattutto all'inizio della produzione verbale o durante l'enunciazione di una frase.

Trattamento e obiettivi terapeutici

Considerando i fattori di rischio e quelli predittivi di recupero spontaneo, gli specialisti trattano la balbuzie valutando anche i meccanismi linguistici, motori, neuropsicologici e psicologici che possono causarla. Logopedista, foniatra, psicologo, neuropsichiatra infantile collaborano in un intervento integrato formulando una valutazione, strutturata e personalizzata, che riguarda le competenze linguistiche, motorie, cognitive, sociali ed emotive. La riabilitazione, differente in relazione con l'età e del tempo che è passato dai primi sintomi alla presa in carico, prevede il convolgimento dei familiari in caso di minori e tiene conto che il disturbo comporta limitazioni e restrizioni sociali nonché cambiamenti profondi nella personalità. Il trattamento ha una durata media di circa sei mesi.

Gli obiettivi sono il ripristino della fluenza normale (se il disturbo è precoce e prescolare), la riduzione della severità e della frequenza degli episodi di balbuzie, la riduzione e la progressiva eliminazione dei sintomi emozionali e dei comportamenti evitanti, il miglioramento dell'interazione e dell'iniziativa comunicativa, la normalizzazione delle reazioni emotive e dei comportamenti non adeguati da parte degli interlocutori soprattutto in famiglia e a scuola, la normalizzazione in età evolutiva di eventuali incompetenze verbali (disturbi o ritardi dell'articolazione, del linguaggio espressivo, dell'attenzione).

Considerando che è importante curare il balbuziente e non la balbuzie (Bitetti, 2001), tali obiettivi terapeutici possono essere raggiunti attraverso il counseling familiare e individuale, il training logopedico, le tecniche di rilassamento, le tecniche basate sul biofeeback sensoriale multiplo, il parent training o colloqui sistematici con i familiari, la presa in carico del paziente secondo l'approccio cognitivo-comportamentale per far acquisire consapevolezza. L'intervento logopedico consente di imparare a parlare in maniera dolce, morbida, rilassata allo scopo di balbettare fluentemente prevedendo attacchi dolci, contatti articolari leggeri e attenzione consapevole ai movimenti. I balbuzienti devono imparare a parlare con lentezza, scandendo bene le parole senza avere paura di interrompersi.

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