Nurse24.it

editoriale

Milano, Italia

di Giordano Cotichelli

Lo scorso fine settimana hanno fatto notizia i vari assembramenti registrati per lo shopping natalizio un po’ in tutta la penisola. A Milano le immagini di Piazza Duomo, piena all’inverosimile, sono state accompagnate da commenti di ogni tipo. Vari governatori regionali hanno rimbrottato coloro che non rispettano le norme di sicurezza e di distanziamento sociale. L’esplosione pre-natalizia sembra incontenibile, specie in chi è stato per mesi tenuto a freno nelle “sue libertà”, o in chi, per mesi ha visto i suoi guadagni crollare.

La pandemia Covid-19 sta mettendo in risalto il peggio di questa società

Sempre a Milano si sono avute altre code di persone in attesa, ma non per fare shopping, tutt’altro. In maniera ordinata, rispettando il distanziamento sociale e in buona parte con addosso le mascherine previste (in molti casi però visibilmente usurate), tutti erano in attesa in una lunga coda chilometrica davanti alle associazioni di volontariato che distribuiscono pasti caldi. I responsabili delle associazioni hanno commentato che molti sono nuovi poveri, gente mai vista, persone che non si preoccupano del cashback, ma che la pandemia ha reso poveri, o ancora più poveri di quello che già non fossero. E, come sempre, ciò che appare, rischia di essere come la punta di un iceberg sociale le cui dimensioni reali non si vedono; non si vogliono vedere.

Intanto a Senigallia, ideale prolungamento estivo della capitale lombarda, sempre nei giorni scorsi mentre le vie dello shopping nel paese traboccavano di umanità avida e nevrotica, sono stati multati sei richiedenti asilo perché erano assembrati su una panchina e senza mascherina. Questa pandemia sta decisamente mettendo in risalto il peggio di questa società.

Una firma autorevole del giornalismo ha commentato gli assembramenti natalizi dicendo che, da un lato, è colpa delle varie scelte diversificate e perlopiù confuse, fatte a livello di governi regionali e nazionali, sulle limitazioni da seguire. Un giorno non sai se puoi uscire o se sei in una zona col coprifuoco, o cos’altro. Il giorno dopo cambia tutto, perché il tuo governatore di regione impugna le decisioni di Roma e va avanti per la sua strada.

Il giorno successivo ancora si torna indietro perché il Tar ha deciso così. In questo bailamme il commento della giornalista però se la prende anche con la popolazione, che non può pretendere di avere nel governo la sua badante (simpatico il termine) cui rifarsi per giustificare sempre i propri vizi (tanti) e le proprie mancate virtù. Vero. Sembrano riecheggiare le parole di Kennedy che disse: Non chiedete cosa può fare il paese per Voi, ma cosa potete fare voi per il vostro paese.

Liberalismo spiccio con un pizzico di sacro e cristiano libero arbitrio. Un po’ come dire che ognuno ha il governo che si merita, anche se è decisamente vero che ogni governo ha… il popolo che si merita. Per soddisfare la sete di profitto e di controllo, meglio avere un popolo di malati, stupidi e paurosi sudditi, pronti a subire ogni scelta gerarchica, piuttosto che una comunità cosciente, razionale, responsabile e… sana. Nessun timore. Non si sta scivolando nel facile complottismo, ma decisamente la ressa natalizia e i poveri pakistani multati fanno riflettere. Ed ancor più le centinaia di persone in fila per un pasto caldo. Ed ancor più le centinaia di persone invisibili di cui non vediamo alcuna fila, ma di cui se ne percepisce una sordida e agghiacciante disperazione.

Sempre a Milano, sono tornati a farsi sentire i lavoratori della sanità in lotta presso gli ospedali San Carlo e San Paolo, contro la dirigenza aziendale. Uno spaccato piccolo di un paese che non ha bisogno di badanti. Anzi ne può fare a meno, dato che quelle stesse badanti governative possono, a ragione, essere ritenute le cause principali dell’esplodere dei problemi. E non è un caso che tutto ciò avvenga a Milano, a ridosso delle tragiche giornate commemorative dell’inizio della Strategia della tensione e dell’assassinio di Giuseppe Pinelli (12 e 15 dicembre 1969), dato che la metropoli da sempre è la capitale economica e morale di questo paese.

Per tale motivo, un trentennio addietro, dopo il tornado di Mani pulite, una trasmissione televisiva di successo prese il nome di “Milano, Italia”. Aveva l’obiettivo di denunciare storture e corruzioni e guidare verso una presa di coscienza collettiva riguardo al fatto che un altro paese è possibile. Encomiabile finalità che poi si è infranta davanti agli scogli del partito azienda, alle menzogne alla ricerca di voti come e comunque, all’aumento delle posizioni di potere occupate prontamente per fare della cosa pubblica una macchina per soldi.

Per fare della sanità pubblica una macchina per lucrare e non per curare. Un copione reso possibile anche dall’irresponsabilità di molti che preferiscono lasciarsi abbagliare dalle luci delle vetrine, più che dalla luce della ragione. Ma c’è anche un’altra Milano. Quella che non sta mai coi mani in man, che va al lavoro in metro sperando di non infettarsi, che percorre le strade della grande metropoli cercando di mettere insieme il pranzo con la cena.

La Milano che parla più milanese attraverso il cuore dei suoi rider e dei suoi janitor, dei sanitari delle residenze o dei tanti precari della Milano da bere. Se qualcuno vede negli scheletri dell’archeologia industriale alle porte della città ampie aree per fare affari, molti sentono riverberare un cuore, una coscienza sociale e una voglia di superare questa e altre mille pandemie. Una determinazione che ha fatto di Milano la capitale morale, dei tanti dimenticati di questo paese.

NurseReporter

Commento (0)