Nell’ultimo anno le Terapie Intensive sono diventate protagoniste indiscusse del linguaggio mediatico ed entrate, prepotentemente, a far parte del gergo comune. Chi le nomina è davvero consapevole di cosa accada all’interno di esse? Per i “non addetti ai lavori” il mondo della terapia intensiva sino al 2020 ha sempre rappresentato un universo molto distante dal vivere quotidiano. Anche per molti degli stessi professionisti sanitari, non appartenenti all’area critica, regole e necessità di questi luoghi, spesso, appaiono come distanti e poco comprensibili.
Chi è allora, nella fattispecie, un infermiere di area critica?
Infermiere di terapia intensiva Covid
L’infermiere di area critica è il professionista con formazione mirata post-base che garantisce un’assistenza tempestiva, intensiva e continua a qualunque persona si trovi in situazione di instabilità e/o criticità vitale, utilizzando anche strumenti e presidi ad alta componente e complessità tecnologica (Aniarti, Associazione Nazionale infermieri di Area Critica).
Anche in tempi pre-pandemici la Terapia Intensiva è sempre stato un reparto presente, di norma, in quasi tutti gli ospedali. Si tratta infatti di un Unità Operativa fondamentale per mantenere in vita i pazienti che arrivano in ospedale in situazioni particolarmente critiche ed un luogo di sicurezza sempre disponibile in caso di emergenza, anche a fronte delle normali attività chirurgiche.
In questo anno pandemico si è sentito parlare con estrema leggerezza di queste Unità Operative molte volte ridotte a semplice binomio di un posto letto con un ventilatore polmonare . Nulla di più sbagliato, poiché in prima istanza è il personale addestrato che con minuziosa attenzione ai particolari unisce alle competenze tecniche, altamente specialistiche, quelle umane determinando outcomes migliori per gli utenti.
Guarda il paziente non il monitor mi riecheggia nella mente la prima frase del tutor clinico
Mettere in luce l’importanza della componente umana specializzata significa valorizzare il professionista infermiere e ragionare muovendosi verso un’ottica di riconoscimento reale delle competenze specialistiche
Con il sottofondo pandemico del Covid-19 gli infermieri italiani si sono ritrovati, per l’ennesima volta, a portare il focus sull’ovvietà di non dover essere considerati risorse bensì professionisti, propri di competenze specialistiche da riconoscere e retribuire.
Negli Stati Uniti d’America è del tutto normale, sin dal 2002, immaginare un infermiere altamente specializzato come Surgeon General (Surgeon General of the United States è il capo esecutivo dello United States Public Health Service Commissioned Corps e il portavoce delle questioni di salute pubblica all'interno del governo federale); fresca di nomina è Susan Ortega , infermiera di pratica avanzata, non di certo la prima della storia ad aver ricoperto questo importante ruolo. Con non poca amarezza mi domando: noi ci arriveremo mai?
Martina Benedetti - Infermiera
Kemp4526
2 commenti
Newmans
#1
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