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COVID-19

Italiani promuovono il Ssn nella gestione pandemica

di Redazione Roma

Solo il 23% si dichiara insoddisfatto dell’assistenza ricevuta, con forti differenze riscontrate tra le regioni: dal 37% della Basilicata al 12.6% del Veneto. È quanto emerge dal report “Network delle Regioni”, promosso dal Laboratorio MeS dell’Istituto di management della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa.

Ssn promosso per gestione pandemia, ma restano differenze regionali

Il 77% degli italiani promuove il Ssn nella gestione della pandemia, ma restano forti le disuguaglianze tra le Regioni

Nell’ambito della gestione della crisi pandemica, il lavoro condotto dal Servizio sanitario nazionale è stato, complessivamente, promosso dai cittadini. È soltanto il 23% della popolazione italiana, infatti, a dichiararsi non soddisfatto dell’assistenza ricevuta, con significative differenze riscontrate tra le regioni, spaziando dal 37% della Basilicata al 12.6% del Veneto, toccando il 9.7% della Provincia autonoma di Trento.

Risultati, questi, che si inseriscono nella valutazione della performance dei sistemi sanitari regionali in un anno – che definire “complicato” è un eufemismo – come il 2020, quando per la prima volta sono stati travolti dallo tsunami del coronavirus. Ed è stata questa la sfida accolta dal “Network delle Regioni”, promosso dal Laboratorio Management e Sanità dell’Istituto di management della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, che comprende su base volontaria dieci regioni – Basilicata, Friuli Venezia-Giulia, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto, Lombardia e Piemonte – e le due province autonome di Trento e di Bolzano. Che ritengono un vero e proprio plus la trasparenza e l’accountability del proprio operato.

Un elenco corposo a livello nazionale, con a monte una linea ben definita: dal 2008 è attivo il network di regioni a confronto per un’analisi sistematica delle rispettive performance, sia a livello regionale sia aziendale, con l’obiettivo di fornire un sistema di confronto di valutazione della performance sugli indicatori condivisi. Dal 2010, il report è pubblico e accessibile da parte tutti gli stakeholder.

Consentendo di fornire ad ogni singola regione una sintesi dei risultati acquisiti – confrontati con quelli delle altre realtà ma sempre con spirito collaborativo e mai competitivo – il lavoro svolto dal “Network delle Regioni” fa leva, appunto, su un rilevante processo di condivisione inter-regionale. In riferimento al 2020, il metodo con cui è stata misurata la performance ha tenuto conto (va da sé) della pandemia da Covid-19, includendo per questa edizione numerosi indicatori che misurano la capacità di resilienza, ovvero la tenuta e la risposta alla condizione emergenziale.

Dalle vaccinazioni alle prestazioni ambulatoriali, dai ricoveri ospedalieri agli screening oncologici: la tenuta dei volumi erogati nello scorso anno, a confronto con quelli del 2019, è posta sotto la lente di ingrandimento del “Network delle Regioni”. L’indagine ha coinvolto oltre 12mila intervistati. Nel complesso: più di 70 nuovi indicatori hanno affiancato i 350 (per un totale di 420) che, negli anni precedenti, componevano il sistema di valutazione, proprio per monitorare gli andamenti regionali in rapporto all’erogazione delle prestazioni sanitarie.

Alcuni esempi: i volumi riferiti agli interventi chirurgici per tumore alla mammella (classe di priorità A) indicano un calo superiore al 20% per Liguria, Piemonte, Basilicata e Trento ma una sostanziale stabilità – o meglio un leggero incremento rispetto al 2019 – in Friuli Venezia Giulia, nelle Marche e a Bolzano. E ancora, il numero di accessi domiciliari – Assistenza domiciliare integrata (Adi) e Assistenza domiciliare programmata (Adp) – cala, se confrontato al 2019, del 18% e del 16% rispettivamente in Puglia e in Toscana, ma meno del 3% in Friuli Venezia Giulia e a Trento; il numero di visite cardiologiche di controllo si riduce di più del 40% a Bolzano, in Basilicata e in Umbria, attestandosi sul 20% in Toscana, a Trento e in Veneto (-18%).

Infine, in rimando ad alcuni servizi si registra poi una sostanziale tenuta dei sistemi sanitari regionali; ad esempio, riferendosi alle vaccinazioni pediatriche, i cali sono decisamente contenuti. Quasi ovunque aumentano le vaccinazioni antinfluenzali per persone di età superiore ai 65 anni, a conferma di una maggiore propensione da parte della popolazione italiana e di una attenzione da parte delle strutture sanitarie.

Giornalista

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