Niente risarcimento per l'infortunio sul lavoro per gli operatori sanitari che si contagiano dopo aver rifiutato il vaccino. Sarebbe questo l'orientamento dell'Inail in relazione ad una questione spinosa sollevata dal caso dei quindici infermieri del San Martino di Genova risultati positivi al Covid-19 dopo aver rinunciato a ricevere il vaccino.
Sanitari che rinunciano al vaccino, il nodo della copertura Inail
Chi rinuncia al vaccino - sulla scia della mancanza, ad oggi, dell'obbligo vaccinale - può vedersi riconosciuto l'infortunio sul lavoro in caso di positività a Covid-19? L'orientamento dell'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (Inail) sembra essere quello di escludere da eventuali risarcimenti quanti rifiutano di immunizzarsi contro il Covid. Questo almeno per alcune categorie, quelle sanitarie in primis, dove è maggiore il rischio di contagio e per questo proprio da loro è partita la campagna vaccinale.
È logico che chi decide di non vaccinarsi e svolge una mansione a rischio poi non possa chiedere il riconoscimento dell'infortunio sul lavoro
. Così Cesare Damiano, consigliere d'amministrazione dell'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro, che al Corriere della Sera ha specificato però di parlare a titolo personale.
Il caso è montato dalla vicenda di Genova, dove quindici infermieri dell'ospedale San Martino sono risultati positivi dopo aver rifiutato il vaccino; il direttore generale della struttura, Salvatore Giuffrida, si è rivolto all'Inail proprio per chiedere se ora quegli infermieri devono essere considerati in malattia o dovranno essere considerati inidonei alla loro attività professionale
e per chiedere lumi su quali provvedimenti devono essere adottati nel confronti del personale infermieristico che non ha aderito al piano vaccinale
.
L'istruttoria dell'Inail sul parere è ancora agli inizi, ma l'orientamento sembra già consolidato: in un caso simile, il contagio non può essere considerato infortunio sul lavoro. Chi decide di non vaccinarsi e svolge una mansione a rischio - continua Damiano - dovrebbe essere messo nelle condizioni di non essere un pericolo per sé e per gli altri, evitando il licenziamento, ma svolgendo mansioni che non hanno contatto con il pubblico
. Ed è proprio qui che la situazione si complica.
Solo pochi giorni fa il Garante per la privacy ha confermato che il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti se si sono vaccinati oppure no e non può chiederlo nemmeno al medico. Il settore sanitario, però, fa storia a sé: in attesa di una legge che valuti se porre la vaccinazione come requisito per lo svolgimento di determinate professioni - specifica sempre il Garante - ci sono regole specifiche per i settori in cui c'è esposizione diretta agli agenti biologici, come la sanità. Qui solo il medico competente può trattare i dati relativi alla vaccinazione dei dipendenti e tenerne conto in sede di valutazione dell'idoneità alla mansione specifica.
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