L’emergenza COVID-19 ha spiazzato tutti, ha portato a galla le falle del sistema sanitario, ha reso “eroi” gli operatori sanitari ospedalieri che fino al mese scorso erano solo dipendenti statali, ha fatto discutere sul loro compenso e ha fermato le attività cliniche, chirurgiche e ambulatoriali dell’ospedale. Molti ospedali hanno cambiato organizzazione, ora sono strutture COVID: sono stati chiusi reparti (medicine e chirurgie) per reperire personale (medici, infermieri e OSS) e destinarlo alle nuove degenze per i malati COVID (Pronto soccorso, terapia intensiva e degenza). Tra i suoi corridoi non c’è più il via vai di pazienti, parenti, personale con divisa di vari colori, carrozzine e barelle.
Il mondo ospedale è immobile, eppur si muove
All’interno di questa apparente staticità c’è un reparto in controtendenza che ti fa dire “eppur si muove” (frase che il mito racconta essere stata pronunciata da Galileo Galilei al tribunale dell'Inquisizione al termine della sua abiura dell'eliocentrismo), che continua a dare la sua incondizionata assistenza, che cerca di far convivere la normalità con l’emergenza e a rende un momento speciale ancora come tale: il reparto di ostetricia-sala parto.
Se per gli operatori sui pazienti COVID sono presenti in letteratura pochi studi sull’assistenza, i percorsi e i dispositivi di protezione più idonei, per l’ostetricia e le ostetriche/ci ci si muove nell’incertezza di adattare le informazioni disponibili per gli altri reparti e gli infermieri alle proprio esigenze.
Bisogna garantire l’assistenza alla donna sana con quella positiva al COVID e tutto all’interno dei metri quadri dello stesso reparto e della sala parto, poiché attorno al sole della nascita ruotano tanti professionisti (ostetrica/o, ginecologo, anestesista, neonatologo, infermiere e OSS) e più U.O. (ostericia-sala parto, TIN-neonatologia, sala operatoria, rianimazione).
L’ostetricia non è il fronte ma le retrovie. La prima linea conosce il suo nemico, sa che deve bloccarlo e magari respingerlo con tutti i mezzi di difesa personale e di attacco. E come in ogni guerra qualche nemico supera sempre la prima linea e la retroguardia può trovarselo addosso senza essere stata preparata ed avere a disposizione i mezzi di difesa adatti. Molte ostetricie si trovano su questo secondo fronte dove l’incertezza innervosisce e la paura logora
Ma l’ostetrica/o ha nel suo DNA la capacità di affrontare l’emergenza improvvisa, di cambiare ritmo e adattarsi alle circostanze che le danno le capacità di aggiornarsi e trovare le soluzioni migliori; equipaggiata di empatia, sorrisi (sotto la mascherina), sguardi che danno sicurezza, semeiotica e DPI (quelli idonei, all’occorrenza) non indietreggia.
La nascita di un bambino è la rinascita di un paese e il suo primo vagito squarcia il silenzio del virus
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