L'epatite A è la patologia associata al contagio dal virus HAV appartenente agli Hepatovirus. La malattia ha un periodo di incubazione che va da 15 a 50 giorni e un decorso generalmente benigno che non cronicizza mai. Nonostante sia più frequente l'assenza di sintomi, è possibile riscontrare malessere, nausea, vomito e diarrea. Fondamentale per la prevenzione della patologia è l'esecuzione dei vaccini e l'utilizzo di immunoglobuline.
HAV: il virus dell'Epatite A
Il virus responsabile dell'epatite A (HAV) è un virus a RNA appartenente agli Hepatovirus, un genere della famiglia dei Picornavirus. L'epatite A è diffusa in tutto il mondo sia in forma sporadica che epidemica.
Ogni anno si stimano circa 1,4 milioni di casi di epatite A (HAV), con una frequenza maggiore nei Paesi del sud del mondo. Nei Paesi in via di sviluppo con scarse condizioni igienico-sanitarie, l'infezione si trasmette rapidamente tra i bambini, che spesso risultano asintomatici, mentre molti adulti risultano già immuni alla malattia.
Nei Paesi più avanzati, invece, si è assistito negli ultimi anni all'aumento di casi sintomatici poiché, in migliori condizioni igienico-sanitarie raramente bambini e giovani adulti vengono a contatto con il virus e di conseguenza aumenta l'età media dei casi.
L'Italia, grazie ai miglioramenti delle condizioni igieniche e socio-economiche, è un Paese ad endemicità medio-bassa. L'incidenza della patologia mostra complessivamente un andamento in diminuzione, scendendo sotto la soglia di 1 caso per 100.000 abitanti.
Epatite A: come si trasmette?
L'epatite A si diffonde per via oro-fecale, ossia bevendo acqua contaminata da feci o mangiando cibi infetti quali ad esempio i molluschi che non sono stati sufficientemente cotti. Il virus può anche essere trasmesso attraverso il contatto con una persona contagiosa, ad esempio condividendo lo stesso bagno senza la necessaria igiene delle mani oppure anche per via sessuale, attraverso rapporti sessuali oro-anali.
Solo raramente sono stati osservati casi di contagio per trasfusioni di sangue o prodotti derivati. Un soggetto infetto elimina il virus, e di conseguenza è contagioso, dai 7-10 giorni prima della comparsa della sintomatologia fino ad una settimana dopo.
Diagnosi di epatite A e trattamento
La diagnosi dell'epatite A può essere fatta con un esame del sangue, anche in assenza di sintomi. Si ricercano gli anticorpi IgM e IgG anti-HAV: i primi compaiono precocemente e sono il marcatore che permette di fare diagnosi di epatite A acuta; i secondi compaiono durante la fase di convalescenza e permangono per tutta la vita. Per valutare l'andamento della malattia si eseguono esami del sangue quali bilirubina e transaminasi.
Per questa patologia non esiste una terapia specifica, è consigliabile una dieta equilibrata e un relativo riposo durante la fase sintomatica. È utile anche astenersi dall'assunzione di alcolici e sospendere tutti i farmaci non necessari. Per alleviare i sintomi si possono utilizzare, al bisogno, antiemetici (per nausea e vomito) e procinetici (per favorire la peristalsi intestinale) a seconda dei casi.
Prevenzione Epatite A: vaccino, Ig e norme comportamentali
Per la prevenzione della epatite A ci si può avvalere della vaccinazione e dell'utilizzo di immunoglobuline nonchè rispettare determinate norme comportamentali.
Il virus dell'epatite A viene eliminato con le feci e la trasmissione avviene, come detto sopra, attraverso il contatto con feci contaminate. Nella maggior parte dei casi la malattia è dovuta a una contaminazione fecale di cibi e acqua.
L'Agenzia Europea per la sicurezza alimentare, studiando l'origine dei focolai epidemici, ha individuato molteplici tipologie di alimenti che possono essere veicolo per l'infezione.
Tra questi, quelli più frequentemente coinvolti, sono: pesce e prodotti a base di pesce, crostacei, molluschi e prodotti contenenti molluschi, vegetali e pomodori secchi, succhi, frutti di bosco, fragole e frutti di bosco misti congelati.
La prevenzione dell'epatite A si attua con il rispetto di norme igieniche generali (lavarsi le mani spesso, bollire l'acqua e gli alimenti), con il controllo della commercializzazione dei frutti di mare e degli alimenti in genere ed evitando la balneazione in acque infette (contaminazione da scarichi fognari). Il lavaggio degli alimenti, tuttavia, non è sufficiente a proteggere dal contagio del virus: il virus, infatti, resiste al congelamento. Per inattivarlo è necessario un trattamento a 60° C per 1 ora circa, una bollitura per 5 minuti, il calore secco (180° C per 1 ora), un trattamento in autoclave, radiazioni ultraviolette o formalina e cloro.
La profilassi con gammaglobuline può essere indicata per familiari o persone che vivono a stretto contatto con il malato affetto da epatite A, mentre non è indicata in caso di contatto occasionale, scolastico o lavorativo. L'immunizzazione con gammaglobulina ha una durata di 3-6 mesi.
Secondo le linee guida americane dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), le immunoglobuline somministrate entro 14 giorni dall'esposizione all'infezione virale, sono indicate come profilassi post-esposizione nei bambini con meno di un anno, negli adulti con più di 40 anni e nelle persone con malattie croniche del fegato o con deficit del sistema immunitario. Nella fascia di età compresa fra 1-40 anni si raccomanda preferibilmente il vaccino per l'epatite A.
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