Infermiere Forense
La legge 3/2018 ha innovato in maniera radicale le attività connesse alle professioni sanitarie e sociosanitarie. Non sono però mancati momenti di confusione, soprattutto per ciò che riguarda l’istituzione dell’area delle professioni sociosanitarie; al riguardo molto attiva è stata la federazione MIGEP (alla quale afferiscono anche gli operatori sociosanitari) che ha sempre rivendicato il mancato inserimento dell’OSS nell’area suddetta, impedendo così agli operatori interessati di poter ottenere i migliori trattamenti economici e professionali che spettano loro, in forza proprio della Legge 3/2018. Ma dopo un ricorso respinto dal Tar del Lazio nel 2020, il 27 maggio 2021, anche il Consiglio di Stato, Sezione Terza, ha respinto il loro appello.
Bocciato il ricorso Migep: l'Oss non è una professione sanitaria
A partire dal 13 settembre 2019 il MIGEP (Federazione nazionale delle professioni sanitarie e sociosanitarie – OSS, OSSS, Infermieri generici, infermieri psichiatrici, puericultrici ed altre figure tecniche e sanitarie) comincia la sua battaglia intesa a sollecitare l’attuazione dell’art. 5 della legge n. 3/2018, attraverso l’inserimento nell’area delle professioni sociosanitarie anche della figura professionale dell’OSS.
Detto articolo prevede l’istituzione dell’area delle professioni sociosanitarie e all’interno del successivo comma 5, vengono compresi i preesistenti profili professionali di operatore sociosanitario, assistente sociale, sociologo ed educatore professionale. Resta però fermo che i già menzionati profili afferiscono agli Ordini di rispettiva appartenenza, ove previsti.
Le opposizioni del MIGEP trovano rigetto dapprima da parte del Ministero della Salute, in seguito dal TAR Lazio, tanto che Angelo Minghetti ed il suo gruppo ricorrono contro lo stesso Ministero, insistendo sul mancato inserimento, a loro dire, dell’operatore sociosanitario nell’area sociosanitaria.
La stessa percezione è stata poi confermata leggendo le motivazioni del TAR Lazio, al quale il MIGEP si è rivolto (rivendicando la mancata evoluzione formativa, nonché il mancato miglioramento economico) proprio per ricorrere contro il pronunciamento dell’ottobre 2019 a cura del Ministero della Salute:
- I percorsi formativi e l’ordinamento didattico risultano essere competenze del Ministero dell’Istruzione, mentre il Dicastero della Salute può intervenire soltanto in seconda battuta
- Relativamente ai mancati miglioramenti economici, essi riguardano la materia contrattuale e sono riservati ad appositi accordi tra l’ARAN e le confederazioni sindacali
Il parere del Consiglio di Stato è lineare ed assolutamente coerente con gli specifici dettati normativi tuttora presenti in Italia. Dovrebbe inoltre rappresentare un punto di unione, soprattutto da parte delle molte associazioni di OSS ad oggi presenti in Italia, le quali potrebbero costituire un unico interlocutore con il Ministero della Salute così da intraprendere un nuovo cammino che punti innanzitutto ad una formazione più corposa e connessa con i nuovi bisogni assistenziali degli utenti, puntando magari alla realizzazione di una linea guida europea che regolamenti sia la formazione stessa, sia l’inquadramento all’interno delle équipe assistenziali nella loro duplice veste sanitaria e sociale.
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