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Le mille storie degli infermieri esiliati

di Redazione

Roberta lavora a Firenze dal 2011, ma suo marito e i suoi due bambini vivono a Roma. Vorrebbe tornare, ma le sue domande di mobilità volontaria sono state sempre rifiutate. Ora comincia seriamente a pensare di licenziarsi. Laura lavora dal 2014 a Siena, voleva crescere il suo bambino a Tarquinia insieme al marito, invece non le è stata concessa nemmeno l’assegnazione temporanea per figli minori di 3 anni. Sono solo due delle storie di infermieri esiliati, raccolte in 36 pagine dal Nursing Up del Lazio.

Infermieri esiliati, 36 pagine di storie raccolte dal Nursing Up

pendolari

Gli esiliati del Lazio hanno scritto 36 pagine di lettere

A leggere quelle storie verrebbe voglia di abbandonare tutto e ripartire da zero in un altro paese. Perché qui nemmeno i vincitori di concorso pubblico possono sperare di riuscire a mantenersi il posto fisso.

Ho ricevuto 36 pagine di un documento con le testimonianze di colleghi in esilio in altre regioni – dice la coordinatrice regionale del Nursing Up del Lazio Laura Rita Santoro -. Molti conoscono poco la realtà degli infermieri esiliati. Leggo con immensa tristezza le lettere dei colleghi. Nel Lazio, benché si parli di sblocco del turnover, di fatto è tutto molto ingessato. Solo chiacchiere durante le campagne elettorali. Le 36 pagine che ho ricevuto, meritano rispetto, rappresentano le anime di colleghi infermieri in esilio e sono una piccolissima parte. Eredi di Florence Nightingale, che non sono riusciti a trovare lavoro nel Lazio, nonostante le carenze di personale, a causa dello blocco del turnover.

La storia di Giorgia

Mi sono laureata in Infermieristica nel 2008 e dopo neanche un mese ero in cooperativa a tempo indeterminato in uno dei più grandi ospedali laziali. Poi però arrivò ciò che poteva essere la cosiddetta svolta della mia vita e seppur era un tempo determinato, lasciai il certo per l'incerto e cominciai dopo 6 mesi a lavorare in un importante ospedale pediatrico di Roma. Lì mi andò male, perché invece di tramutare il mio contratto da determinato a indeterminato come speravo accadesse, si fermò a un anno! Cominciai a intraprendere la strada della partecipazione agli avvisi pubblici. E per 4 anni fui precaria a Roma. Nel frattempo per avere una stabilità economica decisi di fare l'unico concorso fuori regione: in Toscana. Nel frattempo mi sposai. Nel dicembre 2013 terminò il mio contratto di lavoro legato ad un progetto in un poliambulatorio romano e quello stesso mese scoprii di essere incinta! Nell'agosto 2014 partorii una bellissima bambina che però aveva la vita segnata da una madre che per darle una sicurezza economica decise poi di accettare il tempo indeterminato a Firenze.

Francesca, tra scosse di terremoto e voglia di tornare

A luglio 2014 mi sono dovuta trasferire a Terni da Roma per lavoro. La chiamata a tempo indeterminato dell’Ausl Umbria 2 è arrivata a sorpresa dopo 4 anni del concorso. Sposata nel 2015 ho iniziato la solita routine (lavoro-Terni-treni-Roma-famiglia-amici-treni-Terni-lavoro) fino al 24/09 giorno del terremoto ad Amatrice ed Arquata del Tronto, momento in cui la terra tremò anche a Terni portando notevole scompiglio. Essendo a Terni da sola in piena notte (mio marito era rimasto a Roma per un lavoro) fui presa dal panico e non riuscii più a dormire per diversi giorni e tutte le successive scosse, da quelle più leggere a quelle più forti, mi portarono molta insonnia che si ripercuoteva anche nel lavoro e negli affetti con nervosismo.

Nell'ottobre 2016 scoprii di essere rimasta incinta e dopo le scosse del 26 e del 30 ottobre decisi che non riuscivo più a sopportare lo stress psicologico e di andare in gravidanza a rischio e di tornare a Roma. Da allora sto cercando assiduamente cambi per poter tornare definitivamente a Roma

Ma tutti miei sforzi risultano inutili, poiché la Regione Lazio ha bloccato o crea molteplici difficoltà, se pur previsti dalla legge, per i cambi compensativi, avvicinamento ai familiari con problemi di salute, riavvicinamento al nucleo familiare con minori di tre anni o addirittura bandendo mobilità solo regionali. Al momento sono al settimo mese di gravidanza e il solo pensiero di dover tornare a Terni lontano dai miei familiari, agli amici, portando mio figlio neonato lontano da tutti è terribile.

Veronica e quella nipotina cresciuta senza di lei

Quando mi sono laureata è nata la mia nipotina ed ero felice di poterle cambiare il pannolino, ora questa nipotina ha 11 anni e mi chiedo se quando riuscirò a ritornare dal mio esilio sarà poi lei a dover assistere me. Ho tentato in vari modi di rientrare in regione, ma le mie sono state azioni senza nessun riscontro: avvisi pubblici con graduatorie mai uscite, mail senza risposta, richieste di mobilità compensatorie non andate a buon fine (i cosiddetti cambi alla pari a 2 a 3) e bandi di mobilità dove il mio status di fuori regione mi ha impedito di partecipare. Poi finalmente l'anno scorso si muove qualcosa, mobilità e addirittura concorso, banditi dall'azienda Umberto I. Mi chiedo se sia la volta buona per ritornare a casa e poter dire ai miei cari: “Io ci sono e non vado più via". Ma la mia gioia finisce presto tra avvocati, ricorsi e concorsi, e si affaccia la voglia di vivere una vita serena, dove le questioni lavorative di tutti i giorni diventano una piacevole routine, a fronte delle continue porte in faccia.

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