Le proteste del “dopo-Covid” (virgolette d’obbligo) in Italia e contro la violenza razzista negli Usa, argomenti e luoghi apparentemente lontani nello spazio e nel tempo, ma in realtà più vicini di quanto non si creda. È giusto tornare alle mobilitazioni sindacali, ma è tempo di andare oltre la facile rivendicazione, il particolarismo, la reattività immediata e attivare un’idea altra di società e di rivendicazione sociale. A tale scopo gli infermieri non possono pensare solo agli infermieri, come i medici solo alla loro categoria e così via. Se la pandemia è stata tenuta sotto controllo tutti assieme, alla stessa maniera si può ricostruire una società devastata da un neoliberismo selvaggio.
Assieme si vince, da soli non si va da nessuna parte
A Pesaro e Fano ci sono stati due sit-in di protesta, organizzati da CGIL, CISL e UIL, per rivendicare la promessa indennità Covid per gli operatori della sanità di Marche Nord e dell’Area Vasta 1, in relazione alle dure giornate di marzo e aprile.
Oggi, venerdì 29 maggio, la piazza di Ancona sarà alquanto ricca e movimentata. Ben tre iniziative sono in programma per sollevare le questioni sociali e sanitarie in relazione alla pandemia. Due saranno di fronte alla Regione Marche: una organizzata dai Centri sociali, per rivendicare il diritto al reddito di quarantena (“Dovete darci il denaro”, il titolo), l’altra del sindacato USB sulle tante questioni irrisolte della sanità locale e nazionale.
La terza iniziativa è un flash mob in piazza Cavour organizzato dal Nursind in rivendicazione dei diritti degli infermieri che si sono spesi incessantemente durante queste settimane drammatiche. Intanto a Roma sono scesi in piazza i camici bianchi dei giovani medici e degli specializzandi rivendicando più contratti formativi a nome di ben 11 sigle di settore. Un po’ più lontano dall’Italia, a Minneapolis, un afroamericano, George Floyd, è stato ucciso durante un fermo di polizia, scatenando forti reazioni di protesta. Le proteste del “dopo-Covid” (virgolette d’obbligo) in Italia e contro la violenza razzista negli Usa, argomenti e luoghi apparentemente lontani nello spazio e nel tempo, ma in realtà più vicini di quanto non si creda.
I dati parlano chiaro, a New York City il 60% delle vittime per Covid ha riguardato afroamericani e latinoamericani. Molte le vittime e i contagiati tra i lavoratori cosiddetti “essenziali”: settore alimentare, trasporti, supermercati. Lasciare un lavoro pericoloso e non tutelato dal punto di vista della sicurezza epidemiologica, implica nella maggior parte dei casi, nel sistema iperliberista statunitense (ed anche nel Regno Unito) perdere il diritto ad un sussidio di disoccupazione.
Uno studio del Lancet, riportato sul sito di salute internazionale, rivela che secondo l’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) per circa 2,7 mld. di persone (l’81% della forza lavoro del pianeta) le misure di lockdown hanno significato un peggioramento del loro stato economico; già decisamente precario.
In Italia si prevede una stretta correlazione negativa fra l’incidenza dei contagi e i livelli di disoccupazioni nel disegnare probabili impoverimenti della popolazione. Le regioni più a rischio sono quattro: Marche, Valle d’Aosta, Liguria e Piemonte. Stessa previsione per altre regioni europee come ad esempio la Spagna settentrionale (Asturie escluse).
La Caritas italiana stima un aumento della povertà del 114%, mentre i ricchi già ricchi hanno visto aumentare notevolmente le loro entrate. Le disuguaglianze e le ingiustizie sociali in questa pandemia – lontana dall’essersi risolta – hanno aggravato le condizioni dei più fragili, aumentato i divari sociali, creato le basi per una polarizzazione di classe a svantaggio di una sempre maggiore parte della comunità umana. Un quadro che potrà favorire ulteriori focolai pandemici nel prossimo futuro, dato che contagio e povertà, inquinamento e disoccupazione, cattiva politica e malaffare. La tentazione di citare qualche governo regionale è forte, ma se ne parlerà in seguito.
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