Il 18 marzo, dopo due anni esatti dall’inizio della pandemia, torna in sala Io resto, il film interamente girato all’interno di un ospedale italiano, gli Spedali Civili di Brescia, durante la prima ondata della pandemia da Covid-19, sarà proiettato in diverse sale a Milano, Brindisi, Grosseto, Aosta. Nurse24.it è media partner dell’evento.
Io Resto, un racconto di resilienza e gentilezza durante la prima ondata
Due anni sono trascorsi, due anni di immagini terribili come quelle dei camion che trasportavano decine e decine di bare a Bergamo, degli ospedali da campo realizzati in tutta Italia per accogliere le migliaia di pazienti Covid, quei pazienti intubati nelle terapie intensive mentre ci si affannava a cercare ovunque ventilatori, presidi di sicurezza, finanche le mascherine con cui abbiamo imparato a convivere.
Due anni sono trascorsi e alcune di quelle immagini sono oggi solo un ricordo, indelebile certo, ma oggi possiamo guardare alla pandemia con una speranza. Sono arrivati i vaccini, il virus è mutato al punto che qualcuno già sta parlando di fine della pandemia e inizio di una endemia. Oggi stiamo cercando di imparare a convivere con il virus mentre la campagna vaccinale prosegue spedita, tra obblighi e manifestazioni novax.
Questo è oggi, ma due anni fa lo scenario era decisamente diverso e a raccontarlo ci prova Michele Aiello, regista veronese che due anni fa ha deciso di testimoniare con il suo lavoro cosa accadeva negli ospedali italiani durante la prima ondata di Covid-19. Io resto è stato infatti girato interamente all’interno di un ospedale italiano - gli Spedali civili di Brescia - quando gli operatori sanitari hanno messo a rischio la propria vita combattendo in prima linea contro un virus nuovo e spaventoso di cui ancora si sapeva ben poco. Il Covid.
Un mese intero è il tempo che il regista e la sua troupe hanno trascorso all’interno dell’ospedale
Un mese intero per raccontare per la prima volta non solo la paura e il sentimento di impotenza che spesso hanno vissuto i nostri sanitari, ma anche la gentilezza, la resilienza e l’abnegazione con cui i medici e gli infermieri sono stati al fianco di quei pazienti, quando a nessuno era concesso stargli vicino.
Guardare oggi Io Resto è come tornare indietro nel tempo, un tempo necessario per prestare attenzione a quei giorni il cui ricordo va preservato, le cui scoperte vanno difese, perché Io Resto è una storia che appartiene a tutti, è un racconto collettivo.
Razionalizzare il vissuto e tirarlo fuori per andare, finalmente, avanti
Il rispetto verso i testimoni di questa storia non è stata l’unica sfida di questo progetto - dichiara Michele Aiello - Di fatto, io e Luca Gennari abbiamo scritto la storia mentre la filmavamo. Uno dei pochi punti fissi che ci ha guidati fin dai primi giorni di ripresa è stato dirsi che questa storia avrebbe potuto solo che essere collettiva e così poi è stato. Il punto di vista, invece, si è costruito naturalmente nello stare lì. Pian piano siamo diventati anche noi parte integrante di quella cosa che stavamo vivendo e filmando, compagni di viaggio di tutte le persone di questa storia.
Ho finalmente visto quello che avevo solo immaginato attraverso il racconto degli altri - raccontata Barbara, spettatrice - oltre al dolore c'è stata una conquista di consapevolezza
. Mentre per Valentina - infermiera - il film mi ha aiutata a razionalizzare il vissuto e a tirarlo fuori per andare, finalmente, avanti
.
Anche la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI) ha concesso il suo patrocinio per la diffusione secondo la seguente motivazione: “il tempo di relazione è tempo di cura", recita il Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche. Questo film descrive perfettamente il legame che unisce pazienti, familiari e personale sanitario. Una storia particolare che per questo ha una valenza universale”.
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