Il ricordo della piccola divinità dei rimedi Meditrina, la dea del vino e della guarigione, si è tramandato nel tempo per arrivare a noi e poter sostenere Patricia Donahue nell’attribuzione a Meditrina di essere la rappresentanza deificata dell’infermieristica. Di conseguenza, non si può che rispolverare la data dell’11 ottobre, a ricordo dei Meditrinalia ed in onore a Meditrina, come il giorno del compleanno degli infermieri.
Meditrina, la preservatrice della salute
Presso il Museo Dipartimentale dei Vosgi ad Epinal, in Francia, fra i tanti reperti di epoca classica c’è una stele proveniente dal sito archeologico dell’Anfiteatro di Grand, dove è stata scoperta nel 1841.
La terracotta, del II secolo d.C., è alta 71 cm, larga 47,5 e mostra una donna in primo piano, assieme ad una sua assistente, all’interno della sua bottega, con degli attrezzi e quelle che sembrano delle preparazioni.
L’atteggiamento è quello di dispensare i suoi prodotti, quasi in modo augurale. L’attribuzione della figura del periodo gallo-romano non è semplice. Lo storico Camille Jullian considera che rappresenti Giunone Saponaria e quella raffigurata sia una fabbrica di sapone.
L’ambiente mostrato può essere anche quello di un laboratorio di dolci, formaggi, o anche di una vetreria o per la fabbricazione della birra. Altri autori, invece, identificano la figura femminile rappresentata con quella della dea minore Meditrina. In letteratura non c’è concordanza sulla natura della stele del museo francese, ciononostante i riferimenti a Meditrina sono suggestivi.
E della dea romana ne parla anche Patricia Donahue nel suo lavoro storico dell’infermieristica, dove riprende molte informazioni elaborate già da Nutting e Dock quasi mezzo secolo prima, affrontando l’epoca classica.
La Donahue pone l’attenzione appunto su Meditrina, la preservatrice della salute, una delle figlie di Esculapio. La divinità rappresentava uno dei vari aspetti della salute, assieme alle sue sorelle e fratelli: Igea (dea della salute e dell’igiene), Macaone (chirurgia), Podalirio (medicina generale), Panacea (dea della cura), Egle (la luce del sole).
Lo stesso nome della dea condivide la radice etimologica con la medicina, derivando dal termine mederi, che significa rimediare e, per estensione: guarire, medicare, curare.
Tale era il potere e l’influsso attribuito dagli antichi a Meditrina, che in suo onore si organizzavano dei festeggiamenti annuali chiamati Meditrinalia, i quali coincidevano con l’inizio dell’autunno e si associavano alla fine della vendemmia e della produzione del vino, che assumeva un potere taumaturgico.
Il vino nuovo veniva unito assieme a quello vecchio in una miscela il cui potere curativo era sintetizzato dalla formula: “Novum vetus vinum libo, novo veteri vino morbo medeor”, la cui traduzione è:
Bevo vino vecchio e nuovo, pongo rimedio ad un male vecchio e nuovo
La data prevista per i Meditrinalia era l’11 ottobre, anche se nel tempo se ne perse la memoria e già nel IV secolo non viene più indicata nel calendario filocaliano (calendario illustrato del 354 opera di Furio Filocalo).
Nonostante questo, qualcosa del passato è rimasto nella tradizione contadina, specie in Italia Centrale, che intende in realtà per “vino nuovo” quello che è il mosto, il prodotto immediato della vendemmia, bollito ed aromatizzato, utilizzato per dolci (ciambelle), primi piatti (la polenta con la sapa), liquori (vino cotto) o come miscela per rimediare ai difetti dello stesso vino in preparazione.
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