A Casteldaccia, vicino Palermo, cinque lavoratori sono morti mentre pulivano una fogna. Un sesto è gravissimo, in coma. Altri quattro l’hanno scampata per poco, salvandosi dall’esalazione letale di idrogeno solforato registrato nell’ambiente in misura di dieci volte superiore al tollerabile. Le vittime si chiamavano: Epifanio Alsazia, 71 anni; Ignazio Giordano, 59 anni; Roberto Ranieri, 51 anni; Giuseppe Miraglia, 47 anni ed infine Giuseppe La Barbera, 26 anni. L’intossicato grave è Domenico Viola, 62 anni. Ancora una strage sul lavoro dopo quella della Esselunga a Firenze e quella di Suviana in provincia di Bologna. Dopo le tante, quotidiane che, già nel primo trimestre di quest’anno ha registrato 191 morti.
Ancora una strage sul lavoro
Morti per intossicazione da idrogeno solforato 5 operai palermitani.
Quello accaduto vicino Palermo poi è uno di quegli infortuni che hanno una loro costante presenza nel tempo, e sono quelli che avvengono in ambienti confinati, come in questo caso, o come nei grandi depositi dei silos di granaglie ed hanno una frequenza di quasi 5 morti e tre incidenti all’anno.
Numeri che non rendono la questione nella sua importanza.
Morire di lavoro , morire asfissiati significa che si è fatta una regressione in termini di sicurezza e di cultura del lavoro dove all’operaio non resta che la solidarietà fatale di cercare di aiutare il compagno in difficoltà innescando così una tragica catena di morte.
I lavori poi che si stavano eseguendo a Casteldaccia sembra che, come spesso accade, fossero appaltati e il livello di norme di sicurezza venute a mancare non possono unicamente essere riferite alla formazione del singolo, alle precauzioni e ai dispositivi adottati ma, come è doveroso in questi casi, suggerire uno sguardo ampio che rivela quanto poco vale l’essere umano considerato solo come una variabile dipendente sui saldi di profitto di fine mese.
Nelle stesse ore, all’incirca, in cui si consumava l’ennesima morte sul lavoro, la politica nazionale ha dato il meglio di sé. Il governo ha cancellato più di 3,6 mld. di euro destinati da tempo al Sud.
La notizia di per sé non desterebbe stupore se non fosse che dietro a quei soldi c’era la possibilità di ridurre le carenze presenti nelle regioni meridionali in tema di infrastrutture, strade, acquedotti, scuole e sanità .
L’ennesimo dato economico di un governo in forte difficoltà con i conti pubblici, i problemi del paese, i bisogni della collettività e i diktat dei signori del vapore. Una situazione che peggiorerà nei prossimi mesi, ma di cui probabilmente gli italiani si renderanno poco conto, ben incantati da propagande televisive, elettorali e parole d’ordine di ogni tipo. Storie vecchie.
Dopo un trentennio di brutture del berlusconismo c’è poco da stupirsi. E dopo mezzo secolo di Prima Repubblica, il Mal Paese sembra un’identità nazionale costante nel tempo, per cui non hanno destato stupore – ai più - anche le ultime notizie di cronaca politica, dove il Presidente della Regione Liguria è stato posto agli arresti domiciliari per corruzione .
Qualcuno ha da subito parlato di magistratura ad orologeria, altri hanno issato le bandiere del garantismo, dell’innocentismo e della retorica, sempre pronte a sventolare ogni volta che un colletto bianco viene minacciato nella sua onorabilità, nel suo operato, nell’integrità della sua persona.
Il quadro finale restituisce una narrazione che dice molto del nostro paese e che registra l’arretramento civile e morale, lavorativo e sindacale, politico ed economico in atto. Togliere soldi alle infrastrutture, svelare l’onnipresente e tossica azione della corruzione nei palazzi fino al sacrificio schiavizzato di chi lavora, riporta l’Italia indietro nel tempo, a quando non c’erano sicurezze, a quando dominava il caporalato, a quando i soldi non bastavano per vivere.
Indietro nel passato peggiore della nostra storia. Un passato che è oggi. Lo si può datare? Certo, senza tema di smentita si è ritornati almeno a tre secoli fa, a quando Bernardo Ramazzini, medico e ricercatore modenese, pubblicò il suo “De Morbis Artifi cum diatriba”, forse il primo testo di medicina che si fosse mai occupato delle malattie dei lavoratori.
Un testo che nella sua seconda edizione aveva esaminato più di cinquanta occupazioni diverse, e fra queste c’erano anche i pulitori di fogne, coloro che, dopo pochi anni di servizio, diventavano ciechi a causa delle esalazioni tossiche dei pozzetti neri. Il lavoro di Ramazzini era iniziato proprio dallo studio degli operai che erano andati a vuotare la fogna di casa sua.
Alle porte delle elezioni europee l’Italia è un paese in cui scioperano i giornalisti per difendere la libertà di stampa , vengono arrestati i signori del Palazzo per corruzione, si tagliano risorse allo stato sociale e si manganellano gli studenti in piazza. E dove i lavoratori sono più le ore di vita che perdono a causa di incidenti e infortuni di vario tipo, che le ore che impiegano per scioperare.
Nessun problema. L’importante avere una risposta per tutto, almeno fino al prossimo spot elettorale. Nel mentre si può riandare ad un film del 1969: Un colpo all’italiana, tradotto in “The italian job”, titolo che è stato poi ripreso dal remake del 1999 e che è diventato sinonimo di un certo modo di fare relativo a quelle gestioni degli affari con molti punti oscuri, in settori non proprio del tutto legali e attività di discutibile spessore.
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