Gli operatori della sanità umbra sono sempre più assenti. Nelle Asl e nelle aziende ospedaliere, anche quelle universitarie, sono in media 16,03 giorni l'anno quelli non lavorati. A documentare il crescente tasso di assenza è un rapporto elaborato dalla Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, che misura le performance sanitarie secondo l'analisi di 400 indicatori di risultato. Dal report relativo al 2023 emerge che l'Umbria è, dopo la Puglia e la Provincia Autonoma di Trento, la regione in cui sono maggiori le giornate complessive non lavorate dai professionisti sanitari.
Operatori sanitari sempre più assenti: il report Scuola superiore Sant'Anna
Secondo i ricercatori del Sant'Anna l'indicatore che monitora la percentuale di assenza dei dipendenti dal posto di lavoro è considerato una proxy del clima interno aziendale.
Spiegano che il valore di tale indicatore è il risultato del rapporto tra le giornate di assenza (per malattie retribuite, per congedi retribuiti, per maternità, congedo parentale e malattia dei figli, per altri permessi ed assenze retribuite, per sciopero e per altre assenze non retribuite) e il numero di giornate lavorabili al netto delle ferie godute. I dati utilizzati per la costruzione dell'indicatore corrispondono ai dati forniti dalle aziende per la compilazione del conto annuale.
L'Umbria non soltanto risulta tra le tre peggiori regioni italiane in termini di giorni lavorati, ma tale trend negativo registra da un triennio un incremento maggiore nei 12 mesi, con un significativo peggioramento dei dati nel 2023 rispetto al 2022, quando i giorni in meno lavorati erano 13,06.
Il tasso di assenza risulta più elevato, rispetto alla media regionale, nell'Usl 2 dove i giorni non lavorati sono 17,85 e nell'azienda ospedaliera di Terni con un tasso del 17,33. Tra le strutture sanitarie pubbliche peggiori, sebbene con un tasso inferiore alla media regionale, figurano l'azienda ospedaliera di Perugia (15,38) e la Usl 1 (14,25).
Il tasso di assenza non è tuttavia sinonimo di assenteismo. I numeri vanno inquadrati nel contesto
, sottolineano le organizzazioni sindacali e l'assessore alla sanità Luca Coletto, secondo i quali occorre tenere conto degli effetti della pandemia e delle difficoltà di coprire tutti i turni.
I lavoratori hanno operato dal 2020 in un contesto di forte e reiterato stress psico-fisico, dovuto a ferie e riposi saltati e a carichi di lavoro in costante aumento – spiegano -. In più ci sono stati i piani straordinari di abbattimento delle liste di attesa, che certamente hanno spinto i professionisti della salute ad un impegno ulteriore
.
L'assessore Coletto denuncia che manca un piano sociosanitario di pianificazione e riorganizzazione del personale da oltre dieci anni. Spiega che è necessario ristrutturare i distretti, potenziare la medicina del territorio, riprogrammare tutta la sanità regionale: per far lavorare meglio i lavoratori serve un'economia di scala e una programmazione più accurata
, rimarca sottolineando che, se per la riorganizzazione ospedaliera e territoriale qualcosa è stato fatto, la programmazione richiede l'abbattimento dei tetti di spesa del personale e di un maggiore equilibrio economico della sanità regionale.
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