Gli infermieri incroceranno le braccia il prossimo 23 febbraio. Sì, ma lo faranno lo stesso giorno della dirigenza medica. Una scelta - quella dei sindacati infermieristici - di “convergere sulla stessa data in cui sciopera la dirigenza sanitaria”, che indebolisce la protesta degli infermieri. Li mette in ombra. La protesta della dirigenza sanitaria avrà più visibilità di quella degli infermieri. Quella degli infermieri ne sarà solo una piccola parte.
Scioperare con la dirigenza medica metterà in ombra gli infermieri
Dice un Sindacato infermieristico: “Nel rispetto della disciplina della commissione di garanzia che regolamenta gli scioperi, in seguito alla mobilitazione nazionale della dirigenza sanitaria (…) (il Sindacato, ndr) ha accettato di convergere sulla stessa data“.
Quindi, anche gli infermieri incroceranno le braccia il prossimo 23 febbraio; così hanno comunicato entrambi i sindacati della categoria.
Al di là del fatto che se la disciplina della commissione di garanzia che regolamenta gli scioperi evidenzia che quanto si era definito non si può attuare, la scelta non può essere quella di accettare “di convergere”. Si deve proprio cambiare data e ne va scelta un’altra che non è assolutamente detto debba essere quella già individuata da altri ed in specifico dalla dirigenza sanitaria.
La scelta di “convergere sulla stessa data in cui sciopera la dirigenza sanitaria” non è una gran bella scelta. È una scelta che indebolisce la protesta degli infermieri
La protesta della dirigenza sanitaria avrà, come da prassi ormai consolidata, ben più visibilità di quella degli infermieri. Quella degli infermieri ne sarà solo una piccola parte. La solita costoletta della dirigenza medica. Immagine che da sempre ci perseguita.
Una scelta dal messaggio confusivo
L’unica motivazione in comune tra dirigenza sanitaria e comparto è la richiesta di una definizione salariale ben più corposa di quella ipotizzata.
Ma non sarà forse che ognuno vorrà tirare la coperta verso di sé? Non dimentichiamo che i soldi messi a disposizione non appartengono a sacchi diversi. Il sacco è lo stesso.
Litigheremo dopo?
Unità di intenti. Ma quali?
La scelta di convergere in una stessa data manda un messaggio di unità di intenti (quali?) rigettato in tempi non sospetti da molti infermieri.
C’è un movimento che conta ben 140.000 aderenti (e forse qualche decina in più) che chiede che nel prossimo ccnl ci siano cose ben specifiche di cui nelle bozze contrattuali non c’è traccia. E che non sono assolutamente quelle che rivendica la dirigenza sanitaria.
Temo che questa scelta verrà utilizzata dai soliti noti, fuori e dentro la professione, per corroborare un messaggio stantio e un tantino ipocrita che è quello di una comunione professionale di intenti, di richieste e di operatività integrata che è ben lontana dall’essere la prassi quotidiana
È ovvio: non può e non deve esserci nessuna preclusione a fare delle azioni di protesta e scioperi in maniera integrata e sinergica tra le diverse professioni del sistema salute-parte pubblica. Ma quelle azioni devono necessariamente essere concordate su obiettivi comuni, condivisi, definiti nel rispetto e nell’attenzione reciproca.
Non mi pare che questo sia realtà, almeno attualmente, così come non c’è sinergia professionale se non in piccole isole felici sparse nel territorio nazionale.
Come non ricordare la strenua opposizione dei “camici bianchi” alle specializzazioni degli infermieri e delle professioni sanitarie? La loro resistenza ad ogni ridefinizione dei modelli di organizzazione del lavoro, soprattutto quelli che si basano sulle autonome decisioni assistenziali (118/emergenza sanitaria) o sulla autonoma conduzione di u.o di post acuzie o degli ospedali di comunità.
Le barricate costruite aprioristicamente non solo contro il comma 566 della legge 190/14 (evoluzione dell’assistenza degli infermieri e delle professioni sanitarie verso le specializzazioni), ma anche contro un seppur minimo confronto per trovare un punto di equilibrio sul tema.
Come non ricordare le recentissime forme di opposizione adottate da medici, farmacisti e veterinari affinché l’allora ddl Lorenzin (oggi legge n.3/18) non venisse approvato dalla Commissione Sanità del Senato e quindi dall’Aula di palazzo Madama?
No! Questo assemblamento di date è un errore tattico, strategico e comunicativo. Gli infermieri non sono così disattenti come si vuole pensare e neanche tanto creduloni.
La prova provata di questo sta nel successo impensabile del movimento #noisiamopronti. Mi chiedo come facciano i sindacati di categoria a non averlo capito, a continuare a non capirlo e ad insistere negli errori.
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