Un infermiere no vax, sospeso dal servizio, è stato invitato in uno dei tanti talk show televisivi per far conoscere le sue ragioni. Le argomentazioni esposte, unite anche ad un infelice passaggio, sull’episodio di molestie del tifoso di Chiaravalle, non gli hanno fatto fare una bella figura. I giornalisti della trasmissione lo hanno azzittito senza difficoltà, anche con una certa veemenza, e sui social è stato fatto oggetto di ulteriore attenzione anche da parte di un noto giornalista che lo ha definito “ossimoro vivente” vista l’inconciliabilità, a detta del giornalista, dell’essere infermiere e no vax allo stesso tempo. Lo stesso, sul suo seguitissimo profilo social, ha poi altresì espresso tutta la sua vicinanza per il primario del Pronto soccorso di Pesaro che, si era sfogato su Facebook contro i no-vax, affermando: Vi curerò, è il mio lavoro, ma senza parlarvi. Sappiate che vi disprezzo. Non è questione di libertà di pensiero, ma di rispetto per la comunità. Non ne avete, non ne meritate. Sembra quasi apparire il solito cliché di sempre: il medico bravo e l’infermiere cattivo.
Il medico bravo e l’infermiere cattivo
Il medico, qualche giorno dopo, ritornando sui toni delle sue affermazioni, senza rinnegarne i contenuti, ha aggiunto: È ovvio che curo chiunque al massimo delle mie capacità: il fumatore, l’alcolista, il no vax. Ma come non posso empatizzare con l’ubriaco che investe con l’auto una scolaresca, così non posso farlo col no vax che contagia persone fragili, magari cui il vaccino è impedito dalla condizione clinica. In questi venti mesi abbondanti ho visto troppa gente morire boccheggiando col terrore negli occhi. Sapere che c’è un modo per evitarlo, ma la gente lo rifiuta, è troppo da sopportare in silenzio. Sono un medico, un direttore di PS, ma in fondo sono solo un uomo. La sensazione è che la toppa messa sia stata peggiore del buco creato. L’autore ammette di non essere in grado di empatizzare, e poi sottolinea che è solo un uomo, chiedendo nei suoi confronti, in sostanza, una sorta di empatia da parte del lettore. La stessa che lui non riesce a dare.
Il senso di tutto questo può essere chiarito ulteriormente dal contenuto della chiusa del post del noto giornalista nei confronti dell’infermiere no-vax: L’ennesimo delirio in tivù di questa ghenga smandruppata di geni. Ma perché dare spazio a simili personaggi?. Già perché dare loro spazio? E non poco, visto che nessuna forma di dissenso negli ultimi 30 – 40 anni ha avuto così tanto credito dai media dominanti.
Al di là dell’oggetto del contendere, essere pro o contro i vaccini, ciò che deve essere sottolineato è l’atteggiamento fortemente classista nei confronti dell’altro da sé. Sembra quasi apparire il solito cliché di sempre: il medico bravo e l’infermiere cattivo. Il primo accetta di curare il no-vax (e ci mancherebbe), ma sottolinea il peso della condanna che questi merita.
La valutazione clinica veicola così il giudizio morale, riproponendo una visione della malattia come prodotto della colpa del singolo quale peccatore da punire sul piano religioso, individuo fallace sul piano liberale, untore sul piano scientifico. Torna il mai scomparso concetto di malattia come devianza da curare – e reprimere – decontestualizzando tutto il resto. L’infermiere no-vax, con le sue uscite poi, completa il quadro desolante.
L’ennesimo delirio in tivù di questa ghenga smandruppata di geni. Ma perché dare spazio a simili personaggi?
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