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Infermieri italiani sempre più anziani

di Redazione Roma

L’età media degli iscritti agli Ordini è 52,2 anni (era 45,6 nel 2019), quella dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale 56,49, con differenze nelle regioni. Quelle che hanno il maggior numero di infermieri under 28 sono Lazio, Lombardia, Campania, Puglia e Sicilia. Al contempo, Lombardia, Sicilia, Lazio, Campania ed Emilia-Romagna sono le regioni col maggior numero di infermieri over 58 anni. Il presidente del Nursing Up, Antonio De Palma: Una realtà amara che merita sia doverose riflessioni sia il pensare a quali soluzioni adottare.

Italia, aumenta l'età media degli infermieri: nel Ssn è di 56,49 anni

Mentre gli operatori invecchiano, senza ricambio generazionale, l'Italia si ritrova carente in merito al personale sanitario

Aumenta l’età media degli infermieri in Italia, tendendo pericolosamente all’invecchiamento. È il sentimento di preoccupazione espresso dal presidente nazionale del Nursing Up, Antonio De Palma, in rimando ai recenti dati – emersi nella Giornata internazionale degli infermieri con l’indagine dell’osservatorio Oasi (Observatory on healthcare organizations and policies in Italy) del Cergas Bocconi, che evidenziano un’amara realtà meritevole prima di tutto doverose riflessioni, e in secondo luogo ci obbliga tutti, nessuno escluso, a pensare a quali soluzioni adottare.

Già, perché – inutile girarci attorno – gli operatori sanitari stanno invecchiando. L’età media degli iscritti agli Ordini è 52,2 anni (era 45,6 nel 2019), quella dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale 56,49, con differenze nelle regioni, dove il blocco del turn over è totale (in Campania tra gli iscritti all’albo e i dipendenti ci sono 8,4 anni) e minori in quelle a Statuto speciale, che si comportano in autonomia (in Friuli Venezia Giulia la differenza è 1,38 anni a sfavore dei dipendenti), seguite dalle “Regioni benchmark” (punto di riferimento per determinare i costi standard nel comparto sanitario, utili per fissare le quote di riporto del Fondo sanitario nazionale): in Emilia Romagna, Lombardia e così via.

Le Regioni che hanno il maggior numero di infermieri under 28 sono: Lazio, Lombardia, Campania, Puglia e Sicilia. Quelle che hanno il maggior numero di infermieri al di sopra dei 58 anni sono: Lombardia, Sicilia, Lazio, Campania ed Emilia-Romagna.

AAA cercasi infermieri

E mentre gli operatori (inevitabilmente) invecchiano, senza ricambi generazionali, a poco più di due anni dall’inizio della pandemia l’Italia si scopre ancora carente in merito al personale sanitario. La Fnopi evidenzia che oggi mancano almeno 70mila infermieri.

La maggiore criticità si avverte nel nord Italia, dove c’è una carenza di 28.500 unità, mentre al centro e al sud (per non parlare della Sardegna) è pari, rispettivamente, a 24.500 e 17mila. Complessivamente sono 456.069 gli infermieri in Italia, ma solo 395mila sono quelli attivi, con una maggioranza assoluta di donne, che tocca il 78%.

In base al Pnrr, occorrono circa 50mila infermieri in più, ma il DM/71 (“Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”) prevede che si passi dall’odierna copertura del 4-6% per gli over 65, quantomeno al 10%. Percentuali che, secondo l’osservatorio Oasi del Cergas Bocconi, si esplicitano così in un fabbisogno di circa 70.000 unità. Mentre in prospettiva, la cifra aumenta ancora considerando gli infermieri già presenti nei servizi esistenti sul territorio.

Aumentato il carico di lavoro infermieristico

Una situazione del genere si traduce in un carico di lavoro elevato per il personale in attività. Circa il 40% degli infermieri occupati nel Servizio sanitario nazionale (dati Istat) svolge lavoro straordinario (circa 108mila unità su 270mila dipendenti). Nel 4,5-5% le ore di lavoro sono in eccesso rispetto ai normali parametri previsti.

E ancora, sempre secondo l’Istituto nazionale di statistica, mentre risulta che il lavoro notturno è la modalità di lavoro meno estesa tra le professioni tradizionali (lavora di notte solo il 10,2% degli occupati), tra gli infermieri dei servizi ospedalieri il 57,8% dichiara di aver lavorato di notte nelle ultime 4 settimane e il 44,4 per 2 o più volte ogni settimana. E mentre le percentuali sul lavoro domenicale, nelle professioni esterne al sistema sanitario scendono sotto il 20%, per i professionisti sanitari il lavoro domenicale è quasi la norma e approda al 68,3% nei servizi ospedalieri.

Rapporto numerico infermiere/paziente

Studi internazionali – come Registered Nurse forecasting in Europe (Rn4Cast) –ipotizzano che se si riuscisse ad avere un rapporto di un infermiere ogni sei pazienti – e all’interno dello staff fosse presente (almeno) il 60% di infermieri laureati – potrebbero essere evitati 3.500 decessi ogni anno.

A ogni incremento del 10% di personale infermieristico laureato corrisponde una diminuzione del 7% di mortalità. Ragione per cui è basilare anche un intervento sulla formazione infermieristica.

Le carenze di personale e l’impellenza di ricorrere al lavoro straordinario conducono, per forza di cose, ad un elevato tasso di fungibilità – e a un inferiore tasso di attrattività, come più volte rimarcato dal segretario nazionale Fials, Giuseppe Carbone – della professione.

Carenza dei corsi di laurea in infermieristica

I dati di Uneba Veneto non lasciano spazio ad alcun fraintendimento: negli ultimi due anni le università di casa nostra hanno stoppato quasi 19mila domande d’iscrizione per assenza di posti disponibili. Basti pensare che negli ultimi anni i posti disponibili per frequentare i corsi di laurea per diventare infermieri sono stati 309.962 a fronte di un fabbisogno stimato dalle categorie di 410.075, e di altri 378.000 per il turnover.

Come anticipato, soltanto negli ultimi ventiquattro mesi su 43.671 domande di iscrizione agli specifici corsi di laurea ne sono state respinte 18.798, poiché in eccesso rispetto al numero di posti disponibili per il primo anno. Uneba ha poi spiegato che per l’anno 2021/2022 ci sono state 17.394 iscrizioni su 27.658 domande presentate – 10.264 non accettate, ovvero il 37% – mentre nel 2020/2021 erano stati ammessi 16.013 studenti su 24.547 domande, con uno scarto negativo di 8.534 (35%). Numeri inconfutabili su quanto sta avvenendo nel nostro sistema sanitario.

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