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Assistenza transizionale, l'infermiere ToC

di Monica Vaccaretti

Gli infermieri sono responsabili dell'assistenza transazionale, quell'insieme di azioni concepite per assicurare il coordinamento e la continuità di cura quando le persone vengono trasferite da un setting all'altro o tra livelli di intensità diversi, guidandole verso le modalità assistenziali più efficaci ed appropriate. Tale continuità è intesa come una relazione continuativa - individuale, di equipe e di rete – all'interno del labirinto rappresentato dal sistema complesso dei servizi sanitari che interagiscono con carichi assistenziali differenziati. È quanto emerso dalle relazioni presentate dagli infermieri ospedalieri e territoriali al convegno “Transition of Care: garantire la continuità dell'assistenza nei diversi setting ospedaliero-territoriali” promosso dall'Ordine degli Infermieri di Vicenza il 26 maggio.

Migliorare la sicurezza della persona assistita nella continuità delle cure

Florence Nightingale

Sebbene la letteratura sia scarsa e ci sia una difformità dei dati raccolti dovuta alla diversità di etnie e di conduzione dei processi, alcuni studi internazionali sulla Transition of Care - condotti negli Stati Uniti, in Cina e in Australia – evidenziano l'importanza delle competenze tecniche e relazionali degli infermieri nell'ottimizzazione dei piani di cura.

Essi contribuiscono in maniera importante ad una significativa riduzione del tasso di riospedalizzazione e ad un netto miglioramento della qualità di vita (addirittura dal 9% al 34% della persona in cure Palliative).

Tali risultati sono stati raggiunti da parte del personale infermieristico favorendo la consapevolezza della persona sulla propria condizione di salute, promuovendo l'automonitoraggio, valorizzando i familiari e i caregiver, esplicitando i piani di trattamento farmacologico ed incentivando il monitoraggio del paziente a domicilio tramite la telemedicina.

Il Transition of Care (ToC), che necessita di un infermiere specializzato adeguatamente formato nella transizione da un contesto di cura ad un altro, nasce per fornire supporto allo staff ospedaliero coinvolto nel processo delicato della dimissione protetta. Essa è concordata e programmata ed è fondata su un accordo di collaborazione tra i diversi professionisti dell'area sanitaria e di quella sociale dell'ospedale e del territorio con un coinvolgimento diretto dell'utente e/o del caregiver.

Secondo quanto stabilito dall'allegato A del Decreto n.31 del 3 aprile 2023 che definisce il percorso unico regionale per la dimissione protetta, si tratta di definire, nella presa in carico, un percorso ben organizzato strutturato per un paziente complesso sotto l'aspetto clinico, sociale ed assistenziale ricoverato nelle Unità Operative dei Presidi Ospedalieri per il quale la dimissione può rappresentare un problema per la continuità dell'assistenza.

È definito complesso un paziente fragile, socialmente vulnerabile, che ha perso la sua autosufficienza o ha limitazioni funzionali o disabilità, è affetto da patologie croniche e presenta bisogni assistenziali complessi. La continuità delle cure viene garantita dall'infermiere Case Manager con l'identificazione del paziente, la pianificazione della sua dimissione protetta e la transizione verso il territorio attraverso l'integrazione e il coordinamento assistenziale.

L'identificazione precoce di un paziente a rischio di dimissione difficile avviene con una accurata valutazione - dei bisogni di cura, della complessità del caso e delle risorse attivabili - facilitata da specifiche scale (Brass, Barthel/Braden, Conley).

Considerando alcuni specifici criteri (items), si procede tempestivamente (entro 48 ore dall'accesso in reparto) alla opportuna segnalazione della persona eleggibile alla dimissione protetta, si definisce il progetto e si pianifica la dimissione con l'individuazione del setting di cura più appropriato (entro 72 ore dall'ingresso in reparto).

Il progetto, verificata la fattibilità, viene autorizzato e segnalato alla Centrale Operativa Territoriale (COT) che coordina con il reparto la dimissione verso il domicilio o verso le strutture residenziali temporanee o definitive. L'esito di una dimissione protetta può essere il rientro a domicilio con contestuale attivazione dell'assistenza domiciliare integrata (ADI) o dell'assistenza programmata con la collaborazione del Medico di Medicina Generale (MMG), l'accoglienza in Ospedale di Comunità e in Unità Riabilitativa Territoriale, l'ingresso in Hospice e in Struttura Residenziale Protetta, la dimissione verso un'altra ULSS.

Le finalità della Transition of Care sono migliorare la sicurezza della persona nella continuità delle cure con l'educazione sanitaria, diminuire le riammissioni negli ospedali e garantire la continuità assistenziale.

Il ToC richiede figure professionali capaci che collaborino con gli altri professionisti territoriali nell'identificare gli obiettivi di cura e nello sviluppare un piano di cura personalizzato. Richiede sistemi operativi comuni per progettare e condividere i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) e di servizi dedicati che accolgano i pazienti in attesa di dimissione.

Richiede centrali operative definite COT, esse rappresentano un modello organizzativo che diventa un punto di contatto e di coordinamento tra servizi e professionisti nei diversi setting assistenziali coinvolti nel processo di dimissione.

La COT prende in carico la persona dopo aver accolto la segnalazione del bisogno, lo decodifica, si attiva, coordina ed ottimizza gli interventi, garantisce il tracciamento e il monitoraggio delle transizioni di cura. Lo fa anche attraverso la digitalizzazione, la telemedicina, il supporto informativo e logistico.

L'infermiere che esercita in una COT deve avere acquisito competenze ospedaliere e territoriali ed essere in possesso preferibilmente di un Master in Case Management o un Master in Cure primarie e sanità pubblica – Specialista in infermieristica di famiglia e comunità.

È opportuno che l'infermiere che si occupa di ToC ampli le proprie competenze clinico-assistenziali attraverso percorsi di formazione post base. Ed apprenda anche buone pratiche di benchmarking (metodologia che aiuta a identificare le pratiche gestionali migliori) e benchlearning, ossia imparare dai punti di forza di altre organizzazioni per fare meglio evitando gli errori degli altri e trovando ispirazione per il proprio lavoro.

Il convegno ha evidenziato come, indipendentemente dal setting assistenziale e dall'organizzazione sanitaria, il Case Management è un modello di pratica collaborativa ed un processo che facilita la comunicazione e la cura in un continuum che porta efficacemente al raggiungimento di una salute ottimale, l'accesso alle cure e l'utilizzo appropriato delle risorse, bilanciate con il diritto all'autodeterminazione del paziente (Acma, 2007).

L'infermiere Case Manager è pertanto una figura a garanzia della continuità delle cure nella Transition of Care per tutti coloro che vivono in condizioni di cronicità, fragilità e disabilità e a rischio di non autosufficienza. Egli agisce, nel rispetto dei riferimenti normativi, secondo il principio di advocacy, ossia promuovendo e sostenendo la causa di salute del paziente.

Competente in varie aree – clinica, manageriale, educativa, relazionale, finanziaria – il case manager attraverso i PDTA e l'educazione terapeutica riesce, con appropriatezza e personalizzazione della cura, a raggiungere obiettivi strategici come la riduzione dei tempi e dei costi medi di degenza, la riduzione delle riammissioni per le stesse cause nei trenta giorni successivi, la riduzione dei ricoveri impropri. Aumenta la performance e la qualità percepita. Il Transition of Care è l'imminente futuro.

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