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Terapia Intensiva

Prevenire macerazione della cute e LdP nel paziente critico

di Sandra Ausili

Quando si parla di terapia intensiva e rianimazione si pensa soprattutto a presidi tecnologici ad alta invasività. Ma dietro all'assistenza di un paziente in rianimazione c’è un vero e proprio mondo che va dal controllo delle funzioni respiratorie, neurologiche, cardiovascolari e nefrologiche fino al controllo dell'omeostasi metabolica e delle infezioni passando per la salvaguardia dell’integrità cutanea, tutto al fine di raggiungere il ripristino delle funzioni fisiologiche spontanee dell’assistito. Per questo il personale medico e infermieristico che vi lavora deve essere altamente specializzato; un esempio virtuoso di tutto questo viene dalla Rianimazione Cardio-toraco-vascolare del policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna.

La tecnologia a supporto dell'assistenza in terapia intensiva

Il paziente critico è un paziente che, per definizione, è instabile dal punto di vista cardiocircolatorio, respiratorio e/o neurologico a causa di una patologia acuta, chirurgica o di un trauma. Il contesto lavorativo della terapia intensiva implica quindi alti livelli di conoscenza, esperienza e specializzazione.

Tra le competenze necessarie il pensiero critico è determinante in un ambito così complesso, dove non bastano le conoscenze e l'aggiornamento continuo per garantire sicurezza e qualità assistenziale ai pazienti. A spiegarlo è Angela Vetromile, coordinatrice infermieristica della Rianimazione Cardio-toraco-vascolare del Policlinico S. Orsola.

In terapia intensiva e rianimazione, così come in tutti i reparti dove sono presenti pazienti fragili, è fondamentale associare ai protocolli terapeutici, alle procedure di mobilizzazione dell’assistito e ai protocolli di igiene e prevenzione delle infezioni crociate, un’efficace gestione dell’umidità.

Durante il ricovero in un reparto come il nostro - spiega Paola Paganelli, infermiera referente - è importante assicurare al paziente tutto il supporto necessario per l’igiene personale, la gestione e prevenzione delle lesioni da pressione, la corretta mobilizzazione e la gestione dell’incontinenza.

Il momento determinante lo sviluppo di una lesione da pressione si raggiunge quando la forza comprimente fra superficie corporea e piano di appoggio è più alta della pressione presente nel distretto arteriolo-capillare, per cui viene a crearsi una condizione di ischemia. Ma le forze di pressione non sono le sole a determinare la formazione di una lesione: vi contribuiscono, infatti, anche le forze di stiramento o taglio, quelle di attrito o frizione, l'aumento della temperatura locale, l’apporto nutrizionale e l'umidità, data ad esempio da sudorazione, essudato delle ferite e/o episodi di incontinenza.

E proprio sul danno cutaneo associato all’umidità (macerazione-MASD, secondo la scala di Braden) si concentra in particolare l’azione diretta degli infermieri, viste le comorbidità e la fragilità del paziente da trattare. La quantità di fluido, la frequenza di esposizione e la condizione della cute sono fattori chiave di rischio per la MASD; identificare i più rilevanti può aiutare a selezionare l’approccio più adatto. Attuare una corretta strategia di gestione e prevenzione delle MASD e delle lesioni da pressione è importante, sia per il quadro clinico del paziente, sia in considerazione del fatto che i costi connessi alle lesioni cutanee croniche incidono per il 4% sul totale della spesa annua del SSN.