La spesa sanitaria privata ha raggiunto i 40 miliardi di euro nel 2017 (+9,6% rispetto al periodo 2013-2017). Sette milioni di italiani si indebitano per pagare cure e servizi sanitari e 2,8 milioni che per farlo vendono casa, mentre 44 milioni nel complesso hanno speso di tasca propria, per pagare prestazioni sanitarie per intero o con il ticket. Un esborso medio pro capite di 655 euro, che rischia di arrivare a mille euro nel 2025, se non si interverrà al più presto. Lo dice il rapporto Rbm Salute-Censis.
Le risposte di Gimbe e Fnopi
Insorgono sia la Fondazione Gimbe che la Fnopi che all'unisono dichiarano: nessuno tocchi il servizio sanitario nazionale.
"Il sodalizio Rbm Salute-Censis si configura come un collaudato team di pallavolo: il prestigioso istituto di ricerca alza la palla, producendo ogni anno dati sempre più allarmanti e la compagnia assicurativa schiaccia sempre nella stessa direzione: la necessità di un secondo pilastro intermediato da fondi e assicurazioni è ormai inderogabile per ridurre la spesa delle famiglie e garantire la sostenibilità del servizio sanitario nazionale.
Gli inquietanti dati del Censis anche quest'anno proiettano su oltre 60 milioni di persone i risultati di un'indagine commissionata da Rbm Salute e realizzata tramite un questionario strutturato somministrato ad un campione rappresentativo di 1.000 adulti maggiorenni residenti in Italia. Numerose le criticità metodologiche: innanzitutto, non si conoscono le domande del questionario; in secondo luogo, le tecniche per selezionare gli intervistati non permettono di escludere un campionamento di convenienza; ancora, non vengono riportati margini di variabilità sulle stime ottenute; infine, il margine di errore del ± 3,1%, riferito all'intero campione, risulta di gran lunga più elevato per ciascuno dei sottogruppi ottenuti all'interno delle variabili di stratificazione. È prioritario preservare l'attuale modello di gestione del servizio sanitario a finanziamento prevalentemente pubblico e tutelare il principio universalistico su cui si fonda la legge n. 833 del 1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, per cui la vera prova di esame non è affatto rappresentata dall'espansione del secondo pilastro, quanto invece dal rilancio del finanziamento pubblico, peraltro annunciato anche dal premier Conte nel discorso per la fiducia al Senato. Se così non fosse, il governo del cambiamento, oltre ai propri rancorosi elettori, avrà tradito anche il contratto che oggi riguarda tutto l'intero popolo italiano."
"Non accettiamo e non accetteremo mai nulla e nessuno che metta in dubbio l’importanza di un sistema sanitario pubblico. Questo è l’unica via possibile per l’assistenza delle persone. Sappiamo bene che nella spesa privata non c’è solo una parte di inefficienza che noi denunciamo da tempo, specie per il territorio, ma anche, come hanno sottolineato Cittadinanzattiva dalla parte dei cittadini e la Fondazione Gimbe che analizza gli scenari della sanità, spesa per ticket, differenza di prezzo tra farmaco "brand" e farmaco generico (per scelta dei cittadini), farmaci di fascia C, cure odontoiatriche che solo parzialmente sono incluse nei Lea, integratori, prodotti omeopatici e altro ancora. È vero, sul territorio il piatto piange perché a molti bisogni di salute che il servizio pubblico non copre è il cittadino che deve far fronte di tasca propria. Ma non si può e non si deve parlare di 40 miliardi, non si può e non si deve cercare di gettare le basi per un cambio di rotta nell’assistenza che non privilegi più quella pubblica. O non solo. Abbiamo detto e ribadiamo che è necessario organizzare l’assistenza sul territorio in modo multidisciplinare, mettendo i cittadini nelle condizioni di non essere soli al momento del bisogno. Abbiamo descritto modelli efficienti con livelli di assistenza ad alta, media e bassa intensità, legati alla realizzazione di percorsi e infrastrutture ben descritte, ma ferme nei cassetti di ministero e regioni per il veto di pochi, legati ancora a un’immagine obsoleta e ormai inefficiente dell’assistenza e delle cure. Abbiamo sottolineato che i bisogni dei cittadini non sono più frantumabili in una risposta fatta di mille interventi disgiunti e scollegati tra loro, ma hanno bisogno di una risposta che deve essere coordinata ed efficiente per la vera tutela della salute. Anche per una maggiore garanzia di contenimento di spesa, perché nessuno invoca piogge di risorse sul nulla, ma tutti vogliono investimenti mirati ed efficienti, così come con un nuovo modello lo saranno cure e assistenza.
La sanità ha bisogno di appropriatezza, non del suo smantellamento. Ha bisogno di garantire che il giusto professionista possa essere messo in grado di rispondere alle necessità con un bilanciato utilizzo di risorse e nella maggiore autonomia possibile. Serve una visione più ampia e coraggiosa. Mancano professionisti, mancano anche gli infermieri, ma a mancare è soprattutto un serio ed equilibrato rapporto tra i professionisti che si realizzi attraverso lo sviluppo delle competenze.
Nessun falso allarme spaventi i cittadini. Ma si sappia e si chiarisca che al di là di proclami pro domo di questo o quel soggetto, ciò che davvero serve è una trasformazione strutturale nell’organizzazione del lavoro che deve riuscire a produrre un sistema con maggiore focalizzazione e specializzazione. Ma sia chiaro: un sistema pubblico, solo pubblico, niente altro che pubblico."
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