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Editoriale

La salute secondo Trump e amichetti

di Giordano Cotichelli

Trump ha annunciato il ritiro degli USA dall’OMS. È una brutta notizia, sotto diversi aspetti. Sul piano finanziario significano circa 400 milioni di dollari in meno nel bilancio annuale dell’organizzazione internazionale, su un totale di 6 miliardi di dollari. Una consistente cifra che viene a mancare in un momento in cui l’OMS è impegnata in uno dei momenti più drammatici della sua storia.

Cosa c’entra il coronavirus con l’essere ricchi?

Se in Italia, e in altri paesi occidentali, da qualche settimana si sta alleggerendo la morsa del coronavirus, in giro per il mondo la pandemia continua a mietere le sue vittime, in particolare nei paesi più poveri, quelli dove probabilmente i numeri rilevati delle vittime e dei contagiati sono sottostimati rispetto alla tragica realtà.

E fra questi paesi, c’è anche quello di Trump, annoverato fra i più ricchi del mondo, che però registra oltre 3 milioni di contagiati e più di 130 mila decessi, su una popolazione di quasi 330 milioni di abitanti di cui, almeno 40 privi di copertura sanitaria. Nei fatti il ritiro USA dall’OMS sarà attivo dal 21 luglio del prossimo anno e, forse, non si realizzerà, se il presidente Trump non dovesse essere riconfermato nelle elezioni del prossimo autunno. Ciò nonostante il messaggio lanciato al mondo ha una valenza tale che supera, in peggio, le stesse ricadute negative dei finanziamenti perduti.

È l’affermazione ultima di un sovranismo arrogante e autoreferenziale che ha come unico obiettivo quello di legittimarsi e perpetrarsi, figlio di un’ottica liberista e protezionista che, nell’era della globalizzazione, produce consensi elettorali e disastri sociali.

L’essenza prima della mossa di Trump si lega all’andamento disastroso della pandemia nei paesi che vedono una politica nazionale simile a quella del biondo miliardario: Brasile, India, Russia, Latinoamerica, Regno Unito. Paesi questi, come in molti altri, dove l’ottica liberista decodifica le questioni legate alla salute come problemi individuali, dipendenti dai comportamenti del singolo, cui di conseguenza lo stesso deve provvedere.

Le manifestazioni della destra statunitense contro qualsiasi forma di “coercisione” per fermare la pandemia sono l’espressione più immediata di un pensiero che nella sostanza delegittima qualsiasi istituzione sanitaria preoccupandosi unicamente dei patrimoni economici dei signori del profitto. Tradotto in parole semplici significa che i ricchi se ne strafregano dei problemi dei poveri, dei loro drammi di vita, di salute … e di morte.

Una banalità ideologica? Senza alcun dubbio, ma che consente di capire cosa sta accadendo attorno a noi. In Italia, ad esempio, dove secondo Gallera, l’assessore della sanità lombarda, si dovrebbero ringraziare i centri sanitari privati per aver messo a disposizione di tutti le loro eccellenze, dimenticandosi di ricordare come tali eccellenze possano essere state sostenute da soldi pubblici, a discapito di chi o di che cosa.

Se si prende in considerazione il mondo degli affari, si può vedere come siano cresciuti i redditi dei primi 25 uomini miliardari di questo pianeta, nell’arco di tempo tra i mesi di marzo e maggio. Si va da un guadagno di 31,4 miliardi per Mark Zuckerberg, ai 29,9 di Bezos, ai 12,8 di Bill Gates, ai 9,5 di Elon Musk, agli appena 1,4 di Sheldon Adelson. Chi sono tutte queste persone? Beh! Qualcuna è nota, le altre, quelle riportate nella tabella presentata in questo articolo – e ripresa da Forbes – per chi vuole, basta fare una piccola ricerca in rete, magari dopo aver preso visione dei dati, messi a mo’ di comparazione, del reddito del Pil pro-capite dei 25 paesi più ricchi del mondo.

I 25 uomini più ricchi (Forbes) guadagno mld. $ marzo/maggio paese $ PIL pro/capite
Mark Zuckerberg 31,4 Qatar 128.487
Jeff Bezos 29,9 Macao 118.099
Mukesh Ambani 19,9 Lussemburgo 109.199
Colin Zheng Huang 17,9 Singapore 98.255
Larry Page 14,2 Brunei 81.612
Steve Ballmer 14 Irlanda 77.670
Sergey Brin 13,7 Norvegia 74.318
Bernard Arnault 12,8 Emirati Arabi 70.262
Bill Gates 11,9 Kuwait 66.982
Larry Ellison 10,4 Svizzera 64.988
Mackenzie Bezos 10,4 Hong Kong 64.794
Phil Knight 9,9 USA 62.518
Elon Musk 9,5 San Marino 61.580
Ma Huateng 6,8 Olanda 56.571
Francoise Bettencourt Meyers 6,4 Arabia Saudita 55.926
Warren Buffett 6 Islanda 54.753
Amancio Ortega 5,2 Taiwan 52.960
Carlos Slim Helu 4,2 Germania 52.897
Jim Walton 3,6 Svezia 52.719
Alice Walton 3,6 Australia 52.363
Rob Walton 3,6 Austria 52.224
Michael Dell 3,5 Danimarca 51.841
Jack Ma 3 Bahrain 50.751
Francois Pinault 2,1 Canada 49.936
Sheldon Adelson 1,4 Belgio 48.179

In definitiva però, il coronavirus cosa c’entra con l’essere ricchi? Una malattia trasmissibile colpisce tutti, non guarda il portafoglio. Anzi più si è importanti e più si è impegnati e più si passa il tempo a contatto con gli altri, aumentando il proprio rischio di contagio. Il primo ministro inglese Johnson ne è un esempio. Il presidente brasiliano Bolsonaro un caso ulteriore. Non si sa se presto toccherà a Putin, neo-nominato Zar a vita, o a chi rischia la sua salute per stare in mezzo alla gente e farsi la sua buona dose di selfie elettorali quotidiani.

Nella realtà i numeri della pandemia di Covid-19 confermano quanto si sa da sempre sulle malattie trasmissibili. Queste sono originate da un agente biologico, ma amplificate e diffuse grazie alla povertà, all’inquinamento, alle cattive condizioni di vita e di lavoro.

In molti mattatoi del mondo, dall’Italia alla Germania, agli Stati Uniti, decine e decine di lavoratori sono risultati positivi, causa le cattive condizioni di lavoro che permettono una miglior trasmissione del virus ed una riduzione delle difese immunitarie. Un esempio ulteriore del contesto internazionale in cui l’OMS ha mostrato di essere un’istituzione sempre più lasciata sola di fronte all’aumento dei problemi socio-economici del pianeta e dei suoi abitanti.

La sua corsa a rimediare alle storture di un sistema fondato sul profitto e la sopraffazione è sempre più difficile ed affannosa. Dopo il fallimento degli obiettivi del millennio, per ridurre povertà, fame, cattiva istruzione, cattiva salute materno-infantile, ora sta arrancando ulteriormente nei riguardi degli obiettivi (pressoché simili ai precedenti) sostenibili. Il tutto subendo la pressione delle grandi multinazionali di ogni settore che antepongono da sempre il profitto individuale alla salute collettiva.

Nei fatti la decisione del Presidente statunitense mette a nudo una delegittimazione dell’istituzione pubblica mondiale che tutela la salute. Qualcosa che sotto certi aspetti suggerisce qualche parallelismo legato all’Italia dove il crollo verticale del sistema sanitario nazionale è stato evitato grazie ai suoi lavoratori e ai cittadini tutti, non grazie a chi in questi decenni ne ha tagliato le risorse ad ogni livello.

NurseReporter

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