In questi giorni, le fughe di notizie sono molte, da un giorno all’altro - come del resto tutta Italia - causa sospensioni didattiche ci ritroviamo catapultati a casa. Le domande sono molte , le informazioni che ci giungono dalle varie sedi, di più. Ci ritroviamo in un vortice, dove non sappiamo se saremo catapultati in tirocinio o meno, ci arrivano da altre sedi notizie di studenti che continuano il tirocinio nonostante la sospensione e da lì iniziamo a porci alcune domande.
Come possiamo colmare questo senso di impotenza che sentiamo?
Covid-19: alcuni dispositivi di protezione individuali
Con alcuni dei miei colleghi, con i quali ci siamo uniti grazie proprio all’esperienza universitaria, ci siamo ritrovati ad affrontare in modo colloquiale e costruttivo sul perché sarebbe giusto o meno aderire nel caso in cui ci venisse proposto di svolgere il nostro tirocinio .
I pareri, contrastanti ma pur sempre rispettati, hanno fatto emergere che da un lato ci fosse la necessità, il bisogno di rendersi utili in un momento di tale difficoltà per il sistema sanitario, anche solo per dare un aiuto in quei reparti dove noi del terzo anno ci sentiamo più consapevoli e preparati, dove sicuramente è necessaria la supervisione di un occhio esperto, ma non indispensabile.
Un modo sicuramente costruttivo per renderci più ‘abili’ e responsabili di quello che sarà il nostro lavoro. Da un’altra parte la tesi secondo cui, essendo questo un periodo di emergenza, probabilmente più che di aiuto la nostra presenza potrebbe essere d’intralcio, oltre che un ulteriore veicolo in caso di trasmissione: visto e considerato che le nostre divise non sono soggette a lavaggi in lavanderie apposite, bensì tornano a casa con noi e a casa vengono lavate.
Quindi ci siamo chiesti: come possiamo colmare questo senso di impotenza che sentiamo? Questo perché, appunto, abbiamo scelto una professione che assiste e pensa ai bisogni delle persone e sappiamo quanto sia il carico di lavoro all’interno di un ospedale e sappiamo anche che tipo di risorsa potremmo essere.
Ma sappiamo anche che, probabilmente, ancora non abbiamo i mezzi giusti per combattere tale emergenza sul campo , le tutele adeguate, per noi e per chi ci sta intorno.
Allora, la nostra risposta e il mio appello rivolto a tutti quegli studenti di infermieristica che sono a casa (perché dò per scontato che voi stiate a casa), abbiamo un compito non banale: sensibilizziamo .
Cerchiamo di essere degli spettatori attivi di questa emergenza, pubblichiamo informazioni reali da siti istituzionali e veritieri, cerchiamo di diffondere messaggi utili a contrastare notizie erronee, spieghiamo l’utilizzo dei DPI , invitiamo le persone a restare a casa e i giovani ad andare a donare. Siamo in piena emergenza sanitaria e il sangue è in carenza.
Ricordiamoci che il nostro futuro sarà anche educare la popolazione a una corretta gestione della propria salute, cerchiamo di essere attivi il più possibile in questo senso
Chiara C. - Studentessa Infermiera
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