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L'intervista

Il prof Motta: Più diritto ed economia all'università

di Leila Ben Salah

L’infermiere Paolo Carlo Motta è stato nominato presidente del corso di laurea in Infermieristica a Brescia. Una bella sfida che il professor Motta è pronto ad affrontare.

Intervista al professor Motta, nuovo presidente della laurea in Infermieristica di Brescia

Il professor Paolo Carlo Motta

Il professor Paolo Carlo Motta neo presidente della laurea in Infermieristica di Brescia

Rinnovare e potenziare nuove materie di studio come le discipline sociali, giuridiche ed economiche all’interno della laurea triennale in modo da formare l’infermiere non solo per l’ospedale, ma anche per altri ambiti lavorativi. Questo in estrema sintesi il pensiero del professor Paolo Carlo Motta, neo presidente del corso di laurea in Infermieristica di Brescia.

Professore non siete molti infermieri ai vertici degli atenei in Italia?

Già è vero. Non siamo in molti e nemmeno come ricercatori all’università.

Segno che qualcosa sta cambiando?

Sicuramente. È uno degli elementi, insieme ad altri, che testimoniano la rilevanza che la nostra professione ha all’interno del sistema universitario. Si tratta di un segno importante. Anche se dal mio punto di vista auspico che cose come questa diventino la normalità.

Come ci si sente a essere nominati presidente del corso di laurea?

È un’esperienza che sto vivendo con molta serenità. Anche perché sul piano personale è l’esito di un percorso iniziato a Brescia dieci anni fa, quando sono stato assunto come ricercatore. La nomina non mi ha sconvolto e vorrei che la professione non venisse sconvolta.

È una bella responsabilità …

Assolutamente sì, perché siamo in un momento in cui c’è la necessità di ripensare gli ordinamenti didattici. Da quando noi infermieri siamo entrati in università come percorso formativo sono avvenuti tantissimi aggiornamenti del piano di studi. Ma un conto è inserire qualche nuovo modulo, un altro è un ripensamento più complessivo dell’ordinamento didattico.

In che senso?

Credo che in questo momento si debba fare una riflessione più profonda sulle competenze che l’infermiere assumerà attraverso la formazione in ateneo.

Intende dire che la formazione attuale non è più sufficiente?

Intendo dire che ci sono almeno due ragioni importanti per cui è urgente mettere mano alla formazione di base di un infermiere. Una riguarda le competenze specialistiche. La seconda il riequilibrio dell’assistenza sanitaria con il territorio. In Lombardia quest’ultimo è un tema particolarmente sentito, perché abbiamo avuto una riforma sanitaria che ha ridisegnato il rapporto tra ospedale e territorio. Quindi oggi c’è la richiesta che l’infermiere sia più pronto a operare sul territorio al di fuori dell’ospedale. Spesso nel piano di studi universitario si forma l’infermiere per l’ospedale. Ecco bisognerebbe invertire un po’ la rotta.

Quindi uno degli obiettivi del suo mandato è quello di far uscire l’infermiere dall’ospedale?

Sì. Devo dire mi trovo in una università che sotto questo profilo è molto sensibile. E sono ottimista.

Come pensa di riuscirci?

Anzitutto occorre cambiare sguardo. Bisogna concentrarsi su quanto il percorso formativo possa aiutare a costruire un professionista che abbia la possibilità di accedere ad altre forme di attività professionale, che non sono solo all’interno dell’ospedale. Fino a poco tempo fa, la questione si riduceva nell’impegno ad aumentare il numero delle esperienze di tirocinio fuori dall’ospedale. Ma non basta, bisogna anche cambiare la cultura della pratica assistenziale, anche da un punto di vista più teorico. Quando un collega, uscito dall’università, si trova a lavorare fuori dall’ospedale si rende subito conto che il suo bagaglio di competenze non è sufficiente. Il piano di studi deve comprendere aspetti che derivano non solo da specializzazioni medico-chirurgiche, ma anche dalle scienze giuridiche, dalle scienze umane, per esempio.

Quindi l’ordinamento didattico dovrebbe essere ripensato nel suo complesso?

Sì. Ovviamente il presidente del corso di laurea ha il compito di valutare una serie di proposte insieme al collegio. Non certo da solo.

E vorrebbe inserire più diritto?

È necessario l’inserimento di nuove discipline ad esempio le quelle di natura giuridica. Perché quelle presenti attualmente sono sempre legate al diritto pubblico e del lavoro e comunque pensate per un infermiere che lavorerà come dipendente che sia pubblico o privato. Invece servono elementi più calati in realtà di esercizi al di fuori di questa forma contrattuale. Così come l’economia. Per l’infermiere che esercita come autonomo, e sono sempre di più, servono anche delle competenze economiche.

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