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Editoriale

Una Repubblica a parole

di Giordano Cotichelli

In vista delle prossime elezioni europee più delle idee e dei programmi abbondano gli slogan e gli ipocriti sorrisi dei candidati, in molti casi riferiti a tematiche banali quanto pulsionali. Il dibattito politico è totalmente appiattito sulla contestazione di un termine, o di un’immagine, o peggio di una fantasia delirante (ad es. l’inesistente teoria gender). I signori della chiacchiera cattiva sono pronti ad approfittarsi di ogni occasione. Mal che vada si fa sempre in tempo a smentire. Oppure no.

Da Repubblica degli ideali in Repubblica delle frustrazioni

bandiera italiana

Il 2 giugno 1946 venne proclamata la Repubblica Italiana.

Quasi ottant’anni fa nasceva la Repubblica Italiana. Venne proclamata a seguito dei risultati del referendum in cui si doveva scegliere fra la forma monarchica, responsabile e complice di guerre e miserie, o la tanto auspicata forma repubblicana. Vinse quest’ultima con quasi due milioni di vantaggio sulla monarchia.

Fu una novità assoluta nella storia del Belpaese che vedeva, per la prima volta, uno stato unitario nella penisola adottare la forma repubblicana e democratica.

In passato c’erano state diverse repubbliche regionali, lungo il corso dei secoli, espressioni di oligarchie dominanti preoccupate principalmente di accumulare ricchezze e depredare terre, persone e beni di ogni tipo nei vari angoli del Mediterraneo e del Mondo.

La Repubblica Italiana del 1946 fu un’assoluta novità, carica di speranze e di utopie. Nasceva dalla voglia di pace e di riscatto sociale seguite alla Seconda guerra mondiale.

In tema di salute pubblica un mese dopo nasceva, a livello internazionale, l’OMS e nel Regno Unito veniva proclamato il National Health Service Act, la legge che avrebbe dato vita al National Health Service (NHS), il servizio sanitario britannico cui, in seguito, l’Italia si sarebbe ispirata.

Il NHS entrerà in funzione a partire dal 1948, anno in cui prenderà il via la stessa Costituzione Italiana con il suo noto articolo 32 a difesa di una salute collettiva declinata quale diritto universale. Da allora il paese è andato avanti soprattutto per merito della maggioranza delle italiane e degli italiani che si sono rimboccati le maniche, e nel lavoro e nella quotidianità di vita hanno edificato una società migliore: dagli anni della dura ricostruzione a quelli del boom economico, dalle lotte degli anni ’60 e ’70 allo stragismo di stato, al terrorismo politico e a quello mafioso, fino alla speranza di migliorare le condizioni di vita le quali, però, a causa di una delle peggiori classi dirigenti della storia del paese, sono andate progressivamente impoverendosi nel tempo.

L’erosione dei diritti e delle garanzie dello stato sociale ha aperto alla corsa ai profitti per pochi e all’imbarbarimento della vita per troppi

La Repubblica degli ideali è stata trasformata nella Repubblica delle frustrazioni, dei rancori e degli odi, delle chiacchiere fini a sé stesse e della paura alimentata con ogni mezzo. Le cronache di questi giorni in particolare restituiscono un quadro desolante, dove dominano personalismi di ogni sorta.

In vista delle prossime elezioni europee più delle idee e dei programmi abbondano gli slogan e gli ipocriti sorrisi dei candidati, in molti casi riferiti a tematiche banali quanto pulsionali. Il dibattito politico è totalmente appiattito sulla contestazione di un termine, o di un’immagine, o peggio di una fantasia delirante (ad es. l’inesistente teoria gender).

I signori della chiacchiera cattiva sono pronti ad approfittarsi di ogni occasione. Mal che vada si fa sempre in tempo a smentire. Oppure no. Se il Santo padre si lascia sfuggire – fatto gravissimo – in una riunione istituzionale a porte chiuse, un commento spietato sull’omosessualità, i falchi del pettegolezzo tossico ne approfittano, nonostante le scuse successive del Pontefice.

A livello nazionale poi il rancore sale alla ribalta e vede durante una visita istituzionale, di una figura istituzionale – la Presidente del Consiglio – apostrofare rancorosa sé stessa, di fronte al Governatore della Campania, per rinfacciare allo stesso l’insulto subito nel recente passato.

E la rete vede già pronta la schiera dei coniglioni da tastiera pronti ad immedesimarsi nella rivincita verbale, e a votare poi a seconda della popolare rivincita sbandierata. Il quadro sembra completo: dalla Repubblica fondata sul lavoro a quella fondata sulle faccette, sui rancori e i fiumi di parole che spazzano via ragioni e bisogni. Nel mentre si registra una rivolta in un carcere minorile, l’ennesima vittima sul lavoro, le dimenticate tragedie dei barconi affondati e troppo altro ancora.

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