La gestione delle lesioni cutanee ha fatto molti progressi durante gli ultimi anni, soprattutto grazie a nuove tecniche di trattamento e a terapie avanzate. Tuttavia, ad oggi - complici anche l’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle condizioni mediche legate all'età e allo stile di vita - il numero di lesioni di difficile guarigione è in aumento, con tutta la serie di implicazioni per la persona e per il sistema sanitario che ne conseguono. Superare le barriere alla guarigione create dal biofilm - presente nel 78% delle lesioni croniche - è basilare per contrastare questo fenomeno. Ecco perché è di fondamentale importanza puntare i riflettori su una strategia preventiva antibiofilm come il Wound Hygiene , che prepara la lesione alla guarigione.
Quello che dovremmo sapere sul biofilm secondo il dott. Alessandro Greco
Fase di sbrigliamento di una lesione secondo l'approccio Wound Hygiene
Il biofilm della lesione è un fattore aggravante che ritarda o blocca la guarigione. Si tratta di una complessa comunità polimicrobica di microorganismi immersi in una matrice extracellulare (ECM) autoprodotta, che fornisce protezione contro gli agenti antimicrobici e le difese dell’ospite.
Il dott. Alessandro Greco , Specialista in Dermatologia e Responsabile del Centro Ulcere Cutanee - Azienda Sanitaria Locale di Frosinone, fa il punto su alcune tematiche che possono essere d’aiuto durante la pratica clinica ai professionisti sanitari che gestiscono lesioni di difficile guarigione.
1. L’utilizzo di una medicazione antimicrobica è sufficiente a combattere il biofilm?
Sì No
La risposta esatta è No . Usare una medicazione antimicrobica attiva sul biofilm se non preceduta da una corretta detersione, un accurato debridement e una riattivazione dei bordi di lesione, significa trascurare gli aspetti fondamentali suggeriti dalla letteratura. Testare medicazioni su colture mono batteriche in vitro - spiega Greco – è poco significativo. Una medicazione che dimostri un potere antimicrobico in vitro, potrebbe solo avere una scarsissima attività antimicrobica su forme polimicrobiche sessili, aggregate in biofilm. A noi serve una medicazione attiva sul biofilm, soprattutto una medicazione che sia coniugata con fattori disgreganti, e con elementi che possano veicolare l’antimicrobico all’interno della barriera. Il semplice antimicrobico, viene ad essere reso praticamente inutile da quella barriera ultra-specializzata che è la matrice extracellulare a protezione del biofilm. Non è soltanto un muro: è un muro che si adatta, è un muro che permette la comunicazioni tra la popolazione batterica. Quindi il pensare di utilizzare su una lesione con biofilm una medicazione antimicrobica e basta, vuol dire spesso, fallire .
2. Ci può essere correlazione tra detersione della cute perilesionale e riduzione del dolore per il paziente?
Sì No
La risposta esatta è Sì . Se parliamo di ulcere degli arti inferiori, di ulcere venose (che sono il 70-80%) o ulcere di pazienti diabetici, la pulizia, il lavaggio energico della cute perilesionale con detergenti e acqua corrente è importante, perché decontamina, rimuove detriti e squame riducendo la carica batterica potenzialmente contaminate. Quindi la cura iniziale parte proprio dalla perilesione, cioè l'arto lavato e pulito. Accade infatti, che le lesioni cutanee spesso si sovrainfettino ed è proprio l'infezione a generare il dolore (a meno che non si tratti di pazienti con dolore arteriopatico o neuropatico).
3. I comuni saponi o la soluzione fisiologica possono essere validi prodotti detergenti?
Sì No
La risposta esatta è No . I saponi comuni, sono detergenti che hanno un pH compreso tra 9,0 e 10,5 e tendono ad alcalinizzare il pH della cute che invece è compreso tra 4,2 e 5,6. Il loro utilizzo è sconsigliato su cute non integra. Oggi sono disponibili in commercio dei detergenti tensioattivi non ionici o cationici da utilizzare al risciacquo in grado di rimuovere sia sporcizia lipofilica che sporcizia idrofilica. Non solo: mantengono anche un pH acido - quindi un pH che non permette vita facile a funghi e batteri - e al contempo sono delicati sulla cute.
4. Dopo un impacco con una soluzione antisettica la lesione deve essere lavata con soluzione fisiologica?
Sì No
La risposta esatta è No . O meglio: dipende da che tipo di soluzione antisettica. Innanzitutto, bisogna utilizzare soluzioni antisettiche che siano efficaci sulla matrice polisaccaridica – sottolinea Greco -, non tutti gli antisettici sono indicati. Solitamente si tratta di soluzioni con surfactanti con poliesametilenbiguanide che hanno un’azione di sbrigliamento del residuo dello slime e della matrice che ancora è presente dopo un debridement chirurgico. Questo tipo di soluzioni antisettiche, non vanno risciacquate con soluzione fisiologica, perché essendo a bassa concentrazione non creano danni né ostacoli alla fase di medicazione successiva. La soluzione fisiologica è indicata per la pulizia delle lesioni acute o che ormai non hanno più segni clinici indiretti della presenza di biofilm .
5. 1. In caso di lesioni con segni clinici di infezione locale l’attività topica è da preferire all’antibiotico sistemico?
Sì No
La risposta esatta è Sì . Antibiotici che potrebbero salvare la vita a un paziente non vanno sprecati sulla cute, spiega il dott. Greco, presentando il modus operandi del Centro Ulcere Cutanee Azienda ULS Frosinone: Noi ci comportiamo così in presenza di lesioni che mostrano segni clinici di infezione: eseguiamo dei tamponi semiquantitativi dopo sbrigliamento in zone particolari (almeno due), per verificare la carica e la specie batterica con il relativo antibiogramma. La terapia antibiotica viene somministrata al paziente soltanto quando nonostante un adeguato trattamento locale, l'aspetto i segni clinici dell’infezione tendono a peggiorare, l’essudato aumenta, così come spesso il dolore, l’aspetto del fondo della lesione e della perilesione. La maggior parte dei nostri pazienti sono anziani “fragili”, con patologie multiorgano, diabetici e cardiopatici, la terapia antibiotica sistemica è sempre mirata .
6. L'argento ionico è efficace contro il biofilm?
Sì No
La risposta esatta è No . L'argento ionico non è di per sé efficace contro il biofilm. L'argento ionico è efficace come battericida, ma deve arrivare al batterio per esprimere la sua efficacia (è un ottimo antisettico). Ma in presenza del biofilm, occorre sia inizialmente che ripetutamente, rompere e disgregare l’ombrello protettivo rappresentato dalla matrice polisaccaridica, mediante uno sbrigliamento chirurgico o ad ultrasuoni. Senza il debridement, l’argento ionico non arriverebbe ad aggredire la popolazione batterica ben protetta all'interno della matrice.
7. I batteriofagi possono essere considerati dei trattamenti alternativi agli antibiotici?
Sì No
La risposta esatta è No . Ad oggi, l'applicazione reale di batteriofagi sul biofilm non ha ancora nulla di evidenza scientifica valida. È stata approvata la lattoferrina, sono stati approvati degli inibitori del quorum sensing, ma bisogna fare in modo che penetrino oltre l'ombrello di protezione e soprattutto non va dimenticato che un'ulcera cronica è un'ulcera essudante , spiega Greco.
8. È scorretto ripetere dei tamponi sulle lesioni che non guariscono per poi impostare delle terapie antibiotiche?
Sì No
La risposta esatta è Sì . Al di là di eccezioni di pazienti complessi (ad es. neoplastici, in terapia con immunosoppressori e quindi con un rallentamento dei meccanismi di granulazione e di riepitelizzazione legati alle sostanze), nella stragrande maggioranza dei casi una lesione è una lesione non healing perché ha il biofilm. Il biofilm tende ad entrare in una modalità di autodifesa che rende "invisibili" i microbi all'azione degli antibiotici. Per questo il Wound Hygiene - ad oggi il trattamento più efficace sul tema – sta introducendo un rafforzamento del concetto di attività topica nella lesione sospetta di biofilm, riservando l’impiego della terapia antibiotica sistemica in una fase secondaria/opzionale.