Arrivi alle 21.00 quando, oltre ai colleghi stremati, ti attendono 60 persone indemoniate che aspettano una visita più o meno da 12 ore. Non fai in tempo a metterti seduto che iniziano le urla contro di te come se fossi tu il colpevole di accessi impropri e casi più o meno urgenti che ammucchiano decine di persone in attesa di una visita.
La mia folle notte come infermiere di triage
Ogni paziente è, a suo avviso, più “urgente” dell’altro, dove per alcuni l’urgenza è la tanta attesa o ho i bambini a casa
o la cena che lo attende.
In tutto questo ci sono i 118 da valutare che, nonostante tu abbia già 140 persone che occupano ogni angolo del Ps, continuano ad arrivare e tu sei costretto a bloccare, perché non hai nemmeno le sedie per far sedere un ragazzo con una distorsione di caviglia.
Stavolta a domani mattina non ci arrivo...
Ma sono appena le 22.00 e tu e la tua collega dovete pur gestire tutte queste persone in attesa... C’è quello che dalle 11 di mattina si è stufato di attendere e chiama i carabinieri (che non arriveranno mai, ma lui non lo sa).
Quello che è stato picchiato e che sfoga le sue ansie su di te.
C’è l’anziano che non sa niente della moglie, che è da stamattina che l’ho lasciata dietro quella porta coi divieti di accesso
.
C’è la mamma preoccupata per il figlio che non vede da 4 ore e che, forse, tra poco manderemo a casa.
C’è il barbone che si prende l’ultima poltrona che hai, perché vuole dormire e tu per togliergliela devi chiamare le guardie.
Arriva la sorella di un ragazzo che ha avuto un incidente ma in Ps non è mai arrivato; tu scopri che è morto sul colpo ed è in camera mortuaria, ma nessuno delle istituzioni preposte ha avuto la decenza di dirglielo e devi assicurati che il medico di Ps lo faccia.
C’è la moglie, che pur di uscire di casa alle 2 di notte e non stare col marito molesto chiama il 118 per una cistite.
Le ambulanze e i pazienti continuano ad arrivare senza sosta.
Informazioni, colloqui. Chiama il medico, chiama la radiologia, rispondi alla polizia al telefono.
Chiama il parente di... E si fanno le 3.00. Finalmente puoi meritarti un caffè (che fa schifo, ma lo vuoi talmente tanto che è meglio di un tiramisù).
È quasi finita…
Ma ti chiamano per aiutare i colleghi che stanno gestendo una violenta crisi epilettica di un giovane che rischia di cadere dalla barella e ti fai il corridoio di corsa per non fargli mancare il tuo supporto, che neanche un centometrista.
Ti guardi coi tuoi colleghi, stanchi come e più di te, e dici: Dai, poteva andare peggio...
Finalmente arriva l’alba e vedi il mondo fuori muoversi; sai che di lì a poco un letto ti aspetta anche se sei talmente stanco che forse nemmeno dormirai.
Smonti. C’è il traffico di Roma che ti aspetta. Arrivi a casa, un bacio alla donna che ami che sta uscendo per andare al lavoro e il letto è finalmente tutto tuo.
Questi siamo noi che nonostante migliaia di difficoltà andiamo a dormire soddisfatti di quello che abbiamo fatto
Emiliano Fanicchia, Infermiere
gb14123
1 commenti
Chi scrive "CAMBIA LAVORO" non ha capito niente
#2
Il lavoro in un pronto soccorso ti cambia la vita....è un lavoro fatto di rinunce, di soddisfazioni, di sconfitte, di tanta fatica ma, la consapevolezza di aver salvato una vita e di aver dato il massimo nel proprio lavoro, ti ripaga di tutto!
Noi "prontosoccorsisti" non ci sentiamo dei rambo e nemmeno superiori agli altri....siamo solo orgogliosi di quello che facciamo.
Ecco perché non è facile rinunciare a questo lavoro, anche se ti distrugge...