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Attualità Infermieri

Bologna, con una colletta pagano l'affitto ad un paziente

di Sara Di Santo

Infermieri, medici, oss ed ausiliari. Tutti insieme, con una colletta, hanno permesso ad un giovane nullatenente dializzato di evitare un dormitorio. Succede al Servizio di Nefrologia e Dialisi del Sant’Orsola di Bologna, dove l’équipe diretta dal Prof. La Manna dice di aver fatto una cosa bella, ma dovrebbe essere la normalità.

Una mano sul cuore, una sul portafoglio: Sanitari pagano affitto a paziente

Parte dell'équipe del Servizio di Nefrologia e Dialisi dell'ospedale Sant'Orsola di Bologna

Una colletta tra infermieri, medici, oss ed ausiliari per pagare l’affitto ad un giovane dializzato di origini albanesi, che rischiava di dover passare il mese di agosto senza un tetto sulla testa.

Merita di essere raccontata la storia dell’équipe del Servizio di Nefrologia e Dialisi del Sant’Orsola di Bologna, coordinato da Pietro Giurdanella, anche se gli stessi protagonisti sono sorpresi dall’attenzione che la notizia ha riscosso in poche ore e nessuno è interessato a particolari “cerimonie”.

Un paziente di origini albanesi che dializza presso il nostro centro da questo inverno – spiega Cristiana Mazzini, infermiera di emodialisi – sarebbe rimasto senza alloggio per tutto il mese di agosto, perché l’associazione benefica che lo assiste ha chiuso per ferie.

L’équipe sanitaria lo ha saputo da una telefonata del migliore amico del trentenne dializzato, l’unico tra i due che parla italiano.

Ho preso io la telefonata – continua Cristiana – e l’amico mi ha detto di aver trovato una stanza vicino all'ospedale da 20 euro al giorno, ma che non sapeva come avrebbero potuto fare a pagarla. Ha parlato di mettersi a fare l’elemosina.

L’alternativa sarebbe stato un dormitorio, ma per lui, un paziente così debilitato, un dormitorio sarebbe stato davvero pericoloso, sottolinea Cristiana.

In guardiola ci siamo guardati tutti fra noi. Infermieri, medici, oss ed ausiliari. Tutti. È stato un attimo e lo stesso pensiero ci ha coinvolti contemporaneamente: ognuno dia quello che si sente, ma dobbiamo dargli una mano

E così è stato. Nessuno si è tirato indietro e, con una mano sul cuore e una nel portafoglio, tutti hanno dato il loro contributo.

Quando abbiamo consegnato la busta al ragazzo i suoi occhi si sono gonfiati di lacrime. Con l'aiuto di una specializzanda di madrelingua albanese gli abbiamo spiegato che si trattava di un regalo, non di elemosina, perché c'è una bella differenza. Si è sforzato a fare ‘il duro’, non poteva piangere… ma lì per lì non è riuscito a proferire parola – continua Cristiana – Poi ha cominciato a dire grazie al mattino di un giorno e ha finito la sera dopo.

È stato quasi più bello per tutti noi fare questo gesto, che per lui riceverlo, confida Cristiana, che tiene a precisare:

Io ho solo materialmente raccolto le quote, il gesto appartiene a tutti. Abbiamo fatto una bella cosa, perché siamo stati tutti insieme a farla. Infermieri, medici, oss, ausiliari, tutti. È per questo che è stata una cosa di grande peso morale, una soddisfazione in quanto persone prima ancora che professionisti

Un gesto che ha reso un giovane nullatenente – il trentenne albanese, che sarà sottoposto agli accertamenti per entrare in lista d’attesa per il trapianto, da fine agosto tornerà nella stanza messa a disposizione dall’associazione benefica che si occupa di lui – più ricco di quel calciatore che è dovuto convolare a nozze per scoprire di avere degli amici miliardar-miserabili.

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