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Editoriale

Assistente infermiere? È il mercato baby

di Giordano Cotichelli

Il sistema sanitario ha urgente bisogno di risorse, economiche e umane. In entrambi i casi, da tempo, e lungo una prospettiva di medio termine, non si vedono soluzioni strutturali e funzionali all’orizzonte e ne conseguirà quindi un ulteriore peggioramento della qualità dei servizi stessi: allungamento vergognoso delle liste di attesa, criticità qualitative dei livelli dell’assistenza e delle cure sanitarie, conflittualità aumentata dell’utenza, fra il disperato ed il criminogeno, e declino generale della salute di buona parte della collettività. Di buona parte, ma non tutta. Chi può pagare, in qualche caso, oltre ad ammazzare borseggiatori in strada, non “perde tempo” nelle sale di attesa.

Gli infermieri saranno ancora più frustrati e strumentalizzati

Un quadro fosco dove da tempo istituzioni pubbliche e sanità privata chiedono immediate soluzioni impossibili da dare in termini temporali e finanziari senza stravolgere il sistema stesso.

La scelta di creare una nuova figura sanitaria – l’assistente infermiere – non può che essere letta all’interno di questo quadro generale. Nei fatti è l’aggiunta della terza esse alla figura dell’OSS, o se si vuole l’inaugurazione dell’"infermierino" chiesto da tempo da qualche politico locale o, per chi ha memoria, il ritorno – in peggio – dell’infermiere generico del passato. Ciò nonostante, sono diversi i soggetti che sono contenti di questa scelta.

In primo luogo, c’è la sanità privata che può avere, a costi minori, personale che assolve compiti infermieristici affrontando così la carenza attuale. Molti infermieri, del resto, non saranno scontenti (concetto diverso dall’essere contenti) di avere dei colleghi di lavoro che possono aiutarli e sostituirli in alcune mansioni.

Non pochi quadri dirigenti infermieristici mostrano poi soddisfazione nel vedere accentuarsi quella stratificazione professionale di cui tanto parlano credendo che così di godere ulteriormente di una posizione gerarchica di rilievo.

Nei fatti la scelta è consequenziale ed inevitabile a fronte di un sistema di cure vecchio, disfunzionale ed iniquo che chiede solo di essere perpetrato. Sì, in quanto il nostro tanto decantato Sistema sanitario nazionale, per quanto venga difeso a spada tratta, non è certo più quello pensato con la riforma del 1978.

O meglio, è deceduto con l’inizio dell’aziendalizzazione, dei direttori generali, delle privatizzazioni, della razionalizzazione dei posti letto e del personale. Un percorso di destrutturazione che non ha minimamente intaccato il metodo di cura e di assistenza erogato al pubblico, quello proprio della grande fabbrica della salute del centralismo ospedaliero, esportato anche sul territorio e qui, nei fatti, fallito, hai voglia ad assumere infermieri di famiglia e di comunità!

Il sistema fordista della fabbrica prevede lavoratori a catena della linea produttiva, se ne strafrega delle belle parole quali visione olistica, globalità dell’assistenza, presa in carico, personalizzazione, primary care, etc

Il sistema sanitario liberista vuole operai specializzati in tuta bianca che stringano i bulloni in corsia e nelle sale operatorie, in ambulatorio, sul territorio e nelle sale di triage. Non c’è tempo per fare altro.

La creazione dell’assistente infermiere risponde a questo bisogno: perpetuare un sistema di cure superato, utile a creare clientele e profitti, sempre meno funzionale a creare salute in quanto scollegato da tutto il resto del contesto socioeconomico.

Ai circa sei milioni di italiani poveri interessa l’esistenza dell’assistente infermiere? Ne beneficeranno? Molti altri milioni di italiani, quelli che sopravvivono appena sopra la linea di galleggiamento, lavorando duramente e in maniera precaria per paghe da fame, sicuramente saranno, i primi a verificare che le prestazioni assistenziali di una figura infermieristica minore saranno qualitativamente ridotte.

La carenza drammatica di infermieri sarà sicuramente mitigata dalla nuova figura assistenziale, ma probabilmente aggraverà la stagnazione della crescita numerica dell’infermiere laureato già presente da un quarto di secolo circa; da quando è entrata in servizio la figura dell’OSS, per intenderci.

Come detto, la maggioranza dei quadri infermieristici si trova d’accordo con la scelta dell’assistente infermiere, illudendosi e diffondendo l’illusione che così la professione sarà più libera di crescere verso l’alto. Tutti sanno che così non sarà.

Gli infermieri continueranno a subire scelte politiche ed economiche eterodirette, come accade a tutte le semi-professioni. Saranno ancora più frustrati e strumentalizzati da chi dirà loro che sono demansionati sempre più, prima perché costretti al rifacimento dei letti e domani, forse, perché faranno la terapia insulinica o intramuscolare. O un ECG.

Da diverse parti, non tantissime a dire il vero, sindacati, associazionismo e alcuni quadri, hanno invece lanciato l’allarme per la professione e per la qualità dell’assistenza.

Una petizione da firmare è stata diffusa online per dire stop alla figura dell’assistente infermiere. Quale ricaduta potrà avere è difficile dirlo, ma c’è ben poco da sperare dall’attuale classe politica e dirigente (anche quella infermieristica?) che cambia la costituzione a colpi di maggioranza, risponde con povertà e manganello ai problemi del paese e ci fa perdere tempo con le supercazzole familistiche e amichettismi vari di rampolli borghesi falliti seduti sulle poltrone del palazzo.

In merito all’assistente infermiere qualcuno ha detto che la professione deve rispondere con coraggio a questa nuova sfida che rappresenta un’opportunità. Le solite balle che hanno veicolato trent’anni di perdita di diritti, salute e partecipazione politica.

Però, sotto certi aspetti, questa nuova figura rappresenta realmente un’opportunità per chi lavora nei servizi, lungo una prospettiva della riduzione del divario fra chi fa assistenza. Ci sarà che penserà alle competenze professionali e alla scalata da fare, ma ci sarà la stragrande maggioranza degli infermieri che sarà portato a condividere ancor più di come fa oggi con gli OSS, le condizioni di lavoro e di vita con questi nuovi colleghi.

Non senza conflitti e tensioni, ma lungo una prospettiva di coscienza che aprirà ad un comune sentire per un maggiore allargamento dei diritti sanitari e sociali. Il livellamento verso il basso dell’assistenza non fa bene alla salute collettiva, ma può essere una molla che, nel comune sentire e vivere i drammi quotidiani, fra professionisti diversi e utenza, può portare a inedite stagioni di rivendicazioni di diritti continuamente erosi e rubati. Una possibilità affatto scontata, ma sulla quale si può lavorare. Non vi sono altre possibilità.

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