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Oltre 2mila aggressioni al mese a medici e infermieri: nel 2025 impennata di violenze

di Redazione

Minacce, sputi, pugni e persino la pistola puntata alla testa: sono quasi 6.500 i gravi episodi a danno degli operatori sanitari registrati nei primi tre mesi di quest’anno. Un picco mai raggiunto con un balzo del 37% rispetto al 2024. È un bollettino di guerra il bilancio sul fenomeno nel primo trimestre del 2025: i dati sono diffusi da Amsi, Associazione medici di origine straniera in Italia.

Faodi (Amsi): Il decreto anti-violenza è un vero fallimento

pugno aggressione

Nei primi tre mesi del 2025 sono stati registrati quasi 6500 casi di violenza nei confronti degli operatori sanitari: +37% rispetto al 2024.

Non si arrestano le aggressioni a professionisti medici e sanitari in Italia, da nord a sud, negli ospedali delle grandi città come in quelli di provincia: è oramai un fenomeno diffuso e capillare divenuto una routine. E i numeri lo confermerebbero. Nei primi 3 mesi del 2025 si è registrato addirittura un incremento del 37% delle aggressioni rispetto l’anno precedente, per una media mensile di 2.161 episodi di violenza e un totale di 6.483 aggressioni fisiche e verbali tra il 1 gennaio e il 31 marzo 2025.

Senza contare che già lo scorso anno le violenze avevano registrato una crescita del 33%, con un totale di 25.940 casi. Numeri abnormi, aggiornati agli ultimi mesi, a partire dal 1 gennaio scorso: li ha diffusi Amsi, Associazione medici di origine straniera in Italia, per voce del suo presidente Foad Aodi.

Inutile inasprire le pene, gli ospedali sono lasciati senza protezione

Il fenomeno delle violenze contro i professionisti sanitari ha raggiunto livelli impensabili, lancia l’allarme Aodi che punta il dito contro il fallimento del decreto anti-violenza. Infatti, mentre si discute di inasprimenti di pena e arresti in flagranza di reato - fa notare - gli ospedali e le ambulanze restano zone franche per chi aggredisce impunemente medici e infermieri.

Amsi cita il recente episodio avvenuto a Torino, dove un medico del 118 è stato minacciato con una pistola alla testa dal figlio di una paziente, e quello di Cesena, dove il Pronto soccorso è stato preso d’assalto da decine di persone della comunità Rom, preoccupate per lo stato di salute di un parente gravemente ferito.

Per Aodi la sanità italiana è giunta al punto di non ritorno: Gli ospedali non possono più essere lasciati senza protezione. Ogni giorno senza misure concrete è un giorno in cui un operatore sanitario rischia di morire per fare il proprio lavoro, denuncia. Il Viminale - incalza - non può più ignorare questa emergenza.

Ps e reparti psichiatrici i target principali

Vittime privilegiate di questo fenomeno sono facilmente individuabili: Al primo posto, per numero di aggressioni, ci sono i pronto soccorsi e i reparti psichiatrici - spiega il medico - Sotto attacco anche gli studi dei medici di base e gli ambulatori. Non dimentichiamo però i rischi che corrono gli operatori del 118 negli interventi in esterna. E proprio questi reparti dovrebbero essere oggetto di un piano nazionale di emergenza per la sicurezza dei sanitari, suggerisce.

Presidi di sicurezza, tutele e risarcimenti le proposte per un piano di emergenza

Più che soluzioni tampone e decreti inefficaci, Amsi avanza soluzioni precise: in primis presidi di sicurezza fissi nei pronto soccorsi e sulle ambulanze; quindi controlli agli ingressi degli ospedali per impedire l’accesso a soggetti armati, terza richiesta il coinvolgimento diretto del Viminale per la creazione di un piano straordinario di sicurezza sanitaria. E ancora: Tutele legali reali per chi subisce aggressioni, con risarcimenti immediati, prosegue l’elenco di proposte.

La mancanza di sicurezza è la prima causa di dimissioni

Piano straordinario di assunzioni per colmare la carenza di personale, evitando il sovraccarico e il caos nei reparti. Anche perché Senza misure drastiche, i professionisti sanitari continueranno ad andarsene, è il monito di Aodi che individua nella prima causa di dimissioni volontarie e di fuga all’estero degli operatori sanitari proprio la questione sicurezza.

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